I moti “comunisti” del 1848 coinvolsero tutto il territorio cosentino in Calabria Citra.


di Maria Lombardo



E’ giusto far conoscere ai neomeridionalisti e non, quello che successe nella nostra Calabria nel 1848. Sono pagine di storia inedite per molti i moti insurrezionali che hanno coinvolto l’intero territorio del cosentino dal 15 maggio sino a luglio, quando ormai i moti furono repressi nel sangue e sul Regno delle Due Sicilie calò la scure reazionaria del Re Ferdinando II, un re che «non seppe far tacere nel suo animo i terrori politici come i religiosi che derivano dalla stessa sorgente; temeva i settari come i demonii, e credeva nella polizia come nei miracoli». Queste le parole del  Nisco, Storia del reame di Napoli, Napoli, s. a., p. 32. E certo non necessitano di commenti. Per raccontare quello che successe in Calabria Citra possono bastare due documenti: l’Atto di accusa e decisioni per gli avvenimenti della Calabria Citeriore, pubblicata a Cosenza nel 1852 e fatta compilare dal Procuratore del Re presso la Gran Corte criminale e speciale della Calabria Citeriore, Gaetano Grimaldi; e i Documenti storici riguardanti l’insurrezione calabra preceduti dalla storia degli avvenimenti di Napoli del 15 maggio, pubblicati a Napoli nel 1950. Entrambi i documenti sono stati scritti e raccolti dal regime borbonico, cioè da quella parte avversa che ha represso le insurrezioni calabre del 1848. Paradossalmente, è proprio in virtù di questi due documenti che oggi possiamo raccontare dettagliatamente le vicende storiche del giugno/luglio del 1848 in Calabria. Ironia della sorte neomeridionalista! I timori del Re di Napoli si fecero realtà e dovette concedere una costituzione il 10 febbraio ma lasciava pieni poteri al Re. Il popolo poi interpretò male i propositi del Borbone e speravano di risolvere la legge sulla quotizzazione delle terre. Intanto si erano svolte le elezioni tra il 18 aprile ed il 30 in Calabria e alla Camera vennero eletti 164 membri, con 427.081 abitanti, la più numerosa tra le tre province, furono assegnati 10 deputati: quattro per il Distretto di Cosenza, tre per quello di Castrovillari, due per il Distretto di Paola e uno per quello di Rossano. Il suffragio era basato sul censo, perciò le classi povere, che erano la maggioranza della popolazione, ne erano escluse dice D. De Giorgio, Benedetto Musolino e il Risorgimento in Calabria, Edizioni Historica, Reggio Calabria 1953, p. 30. : «Il popolo che nella massima parte era tenuto fuori dalla competizione elettorale, anelava a un miglioramento tangibile, ad un migliore tenore di vita. La spartizione delle terre era l’obbiettivo concreto ed immediato. Le minacce e le grida di una folla esasperata dalla fame e dalla indigenza, aizzata da pochi fanatici in buona o in mala fede, non furono tutte mandate ad effetto». Doveva essere un successo per la Corona se pensiamo che votò solo 4721 elettori,la metà, i deputati eletti erano però tutti favorevoli all’Unità d’Italia in tutta la Regione venne eletto un solo borbonico Domenico Mauro di S. Demetrio Corone. I deputati calabresi si recarono a Napoli per giurare sulla costituzione il 15 maggio, ma rifiutarono apertamente la formula proposta da Ferdinando II. A Napoli si sparse subito la notizia e vennero innalzate barricate!I reggimenti svizzeri alle prime ore del mattino del 15 maggio cominciarono a presiedere i punti strategici della città non ancora occupati dagli insorti. Nelle strade cominciò una guerriglia urbana. Il giorno dopo, il re nominò un nuovo governo composto di moderati di destra e richiamò il corpo di spedizione del generale Guglielmo Pepe, inviato nella guerra contro l’impero austriaco. La repressione aperta e sanguinosa degli insorti, difensori delle barricate, «sfatò le illusioni sulla possibilità di un accordo tra il Borbone e il movimento liberale». Dopo di questo il Re indisse nuove elezioni per giugno. Dopo il 15 maggio i moderati più giovani cominciarono ad orientarsi verso il Piemonte, mentre i radicali accentuavano le loro propensioni repubblicane».Infatti, quest’ultimi tentarono un’ultima disperata resistenza suscitando un’insurrezione in Calabria, sostenuta da un corpo di spedizione siciliano, comandato dall’ex ufficiale piemontese Ignazio Ribotti di Moliéres: «Fra le regioni che nel reame, parteciparono attivamente al moto, la Calabria occupa il secondo posto, superata dalla sola Sicilia, dove insurrezione ebbe marcate caratteristiche di separatismo e piena autonomia politica». I moti nel Cosentino furono abbastanza vasti se volete approfondire l’argomento in questo blog ho scritto molto su questi moti, paese per paese. Appena giunsero le notizie della reazione borbonica contro gli insorti a Napoli del 15 maggio, a Cosenza e a Catanzaro si formarono dei Comitati di salute pubblica intorno al quale si raccolse un gruppo nutrito di patrioti: «All’appello insurrezionale rispose con entusiasmo una parte notevole della popolazione e si formarono delle bande armate di alcune migliaia di uomini, alle quali diedero un contributo rilevante i comuni albanesi».

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