Il 7 novembre 1860 Elisabetta Romeo da Santo Stefano d’Aspromonte sventola sul palazzo reale di Napoli il tricolore.



di Maria Lombardo



Ed eccomi di nuovo a spiegare come i calabresi vollero ardentemente e lottarono per avere l’Unita’e per allontanare dal trono i Borbone. Un contributo particolare lo fornì il borgo di Santo Stefano d’Aspromonte con a capo la famiglia Romeo che per quella libertà pagò un contributo davvero pesante. Nel blog c’è l’articolo specifico sull’evento in Calabria!  A nessuno venga in mente tra i neomeridionalisti di dire che non è vero la bibliografia è vastissima e basterebbe “inforcare” uno dei tanti  libri del Cingari. Ma se le buone letture vi stremano sulla facciata del Municipio vi è una lapide che ricorda il 1° centenario della Rivoluzione del 2 settembre 1847. Ricorda soprattutto perché Santo Stefano  ha dato la più larga partecipazione di uomini ai fatti del Risorgimento in Calabria, basti dire che dei suoi abitanti si è scritto: "è una stirpe di forti". Basta entrare nella casa comunale del borgo calabrese ecco busti, lapidi celebrano l’eroismo dei patrioti appartenenti alla famiglia Romeo; tra questi ricordiamo Stefano, firmatario nel 1848 della protesta contro lo spergiuro di Ferdinando di Borbone e poi deputato; Giannandrea, Gran Maestro della Carboneria, capo militare della rivoluzione calabrese del Settembre 1947 e Domenico, cospiratore con i messinesi della rivolta calabrese che gli costò la vita. La sua morte fu vendicata dal nipote Pietro Aristeo che ebbe successivamente un ruolo di primo piano nella costituzione del nuovo Regno d'Italia. Oltre alla famiglia Romeo, S.Stefano ricorda anche le gesta di Domenico Morabito martire della reazione Borbonica del 1847. L’odierna S. Stefano conserva queste memorie con orgoglio mantenendosi luogo sempre affascinante per le sue bellezze paesaggistiche ma anche luogo di storia e di uomini coraggiosi.Ora però andiamo a narrare di quel 7 novembre ’60 a Napoli! Così, il 7 settembre, Garibaldi, precedendo il grosso del suo esercito, viaggiando su di un treno, che da Torre Annunziata dovette procedere lentamente per non travolgere le ali di folla festante, poté entrare in città accolto da liberatore. Le truppe borboniche, ancora presenti in abbondanza e acquartierate nei castelli, non offrirono alcuna resistenza e si arresero poco dopo. Il popolo tutto tra feste e giubilo cantava un canto napoletano nato proprio quel giorno ). «Venu è Galubardo ! Venu è lu più bel !»  (Canto napoletano del 1860 - Garibaldi e la formazione dell'Italia cap. VIII, G.M. Trevelyan, pag. 212). Al seguito di Vittorio Emanuele II, che entrava trionfante in Napoli insieme a Giuseppe Garibaldi, vi era il vecchio Giannandrea Romeo, mentre la figlia Elisabetta faceva sventolare sul palazzo reale della città partenopea la bandiera tricolore. Fece successivamente ritorno, tra tutti gli onori, al paese natìo.


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