NEL XVI SECOLO A BIVONA (VV ) E’ FIORENTE LA PESCA DEL TONNO.
di Maria Lombardo
Scandagliando con dovizia i “miei territori” riaffiorano
alla luce storie e “industrie” volutamente cancellate dalla storia ufficiale.
Non credo che tutti sono a conoscenza delle lavorazioni che venivano effettuate
nella marina di Bivona prov di Vibo Valentia oggi, un ridente Borgo marinaresco
oggi come all'ora che ha lasciato alla storia una fiorente tradizione. Vorrei
fornire qualche piccola notizia utile, a farsi un’idea su alcune delle risorse
che erano a nostra disposizione e che poi nel corso degli anni sono state
semplicemente dimenticate, o volutamente abbandonate, innanzitutto bisogna
parlare di quello che era la pesca del tonno, prodotto che ha sempre avuto nel
corso dei secoli, il suo Habitat privilegiato nel golfo dell’attuale
Sant’Eufemia, dove veniva catturato in abbondante numero e veniva effettuata la
sua lavorazione, come da me descritto in altro intervento già nel IV secolo a.
C. sappiamo con certezza che erano esistenti degli stabilimenti per la sua
lavorazione, proprio perchè qualche vestigia di questo fruttuoso passato è
riemerso non solo nei documenti ma anche nell'architettura. . La segnalazione
della pesca del tonno è quasi un passaggio obbligato per i testi che parlano di
Calabria. Stupisce la sua abbondanza, si evidenzia il sapore speciale delle sue
carni, lo si circonda di aggettivi celebrativi. Padre Giovanni Fiore da
Cropani, di cui viene pubblicata tra XVII e XVIII secolo l’opera Della Calabria illustrata, osserva che
“[...] più celebre è la pesca de’ pesci, detti Tonni, della quale discorre con
molta lode Fra’ Leandro Alberti; e benché ella fosse in altri luoghi fuori di
Calabria, li Tonni però di Calabria sono li migliori [...]. Ed ancorché se ne
notino i luoghi di questa Pesca Hippone oggidì Monteleone, e Metauro,
oggigiorno Gioia [...] nulla di meno n’è la pesca più famosa nel mare di
Pizzo”. Mentre François Lenormant ricorda come “il tonno pescato a Bivona ed al
Pizzo si ritiene nell’Italia meridionale superiore a quello delle altre
località. Già presso gli antichi il tonno di Ipponio era rinomato fino in Grecia;
Ateneo, richiamandosi al poeta comico Archestrato, lo cita come il più
ricercato dai buongustai”.
Il poeta Archestrato di Gela ne decanta le sue carni
saporite nel suo trattato di gastronomia,”Piacevolezze”, dicendo infine: “Se
per combinazione capiti dalle parti d’Hipponion (oggi Vibo Valentia) non
mancare di assaggiare il tonno che si pesca, è veramente ottimo”. Le prime
fonti documentali attestano la presenza di manufatti relativi alla pesca del
tonno all'XI secolo, legandola ai possedimenti ed ai cespiti donati ad abbazie
e vescovadi istituiti in Calabria da Ruggero il Normanno. Già con uno dei primi
privilegi concessi dal Conte Ruggero all'Abbazia di Mileto compare l'area di
Bivona, descritta nel 1081, “…
cum portu suo, ac tunnaria, et omnibus pertinentiis” , che in
seguito, nel 1101, verrà indicata “…
cum Bibona et portu tunnaria et omnibus eorum pertinentiis” e nel
1139 “… tenuta di Bivona con il
suo porto e la vicina tonnara donata dal conte Ruggero” . Una
successiva pergamena abbaziale del 1181 risulta essere la più antica e
dettagliata descrizione della tonnara in Bivona. In essa ricaviamo precise
notizie in merito alla localizzazione del “palo” della tonnara, ovvero al
diritto feudale dello specchio d'acqua in cui installare la “trappola di reti”
e l'avvio dei primi conflitti sulla proprietà dei manufatti ad essa legati,
visto che la tonnara viene addirittura divisa in due: quella di pertinenza del
vescovo e quella di pertinenza dell'abate.
La pesca del tonno a Bivona garantiva annualmente tra il periodo
primaverile ed estivo, un prodotto da soddisfare ampie esigenze alimentari
dicono Di Saverio Di Bella e Giovanni Iuffrida (1). La Tonnara di Bivona inoltre in base al
disposto dell'art 3 sul provvedimento della pesca marittima del 13 giugno 1880:” durante il tempo della
pesca (…) devono essere visibili colle
parole tonnara de Carolis”(2). Nei primi anni dell'800, durante il periodo
napoleonico e la conseguente eversione della feudalità, le tonnare di Bivona e
Pizzo vennero rilevate da due affaristi francesi, Pierre Majourel e Francoise
Astrue (ai quali si debbono i primi contratti pubblici di assunzione dei
tonnaroti) finchè a seguito di forti proteste, non vennero acquisite dai nobili
locali Gagliardi e De Carolis. E' noto
chiaramente anche dai testi visionati quanto la pesca di Bivona fosse così
ricca realizzava nell'800, 2000 quintali di pescato. Sintetizzando così le
attività economiche e sociali calabresi il Lenortmant disse:” a Pizzo i
pescatori di tonno, a Catanzaro le filande, a Mileto i preti” . Anche nel XVI secolo a Bivona come viene
riportato dagli storici contemporanei, è fiorente la pesca del tonno, e poi
udite, udite!!! È considerata la - “”PRIMA CITTA’ D’EUROPA”” - per la
coltivazione della canna da zucchero, ed altresì sempre nella marina viene
anche coltivato il cotone. La canna da zucchero prodotta veniva lavorata
all’interno del castello di Bivona, che era adibito, essendo stato
preventivamente trasformato in zuccherificio. Invece il cotone che veniva
lavorato nelle nostre marine, era filato nei tre filatoi che esistevano nella
città di Monteleone, dove al termine della lavorazione veniva trasformato in
bellissime e preziosissime coperte, veniva anche coltivato il gelso da cui
bozzoli veniva estratta la seta, e lavorata veniva confezionati in tessuti e
drappi molto preziosi, ciò avveniva nella città di Monteleone.
(1). Di
Saverio Di Bella, Giovanni Iuffrida, Di terra e di mare: itinerari uomini e
economie nella costa napitina moderna Rubbetino Editore 2004 pag 365.
(2). ASCZ.FP, CAT VII, b8, f,4 Tonnara di Bivona.
(3). D'Arienzo Di Salvia, Pesci, barche, pescatori
nell'area Mediterranea dal Medioevo all'età contemporanea. Franco Angeli Milano
2010.
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