IL RITROVAMENTO DI UN CACCIA LIBICO IN SILA E LA STRAGE DI USTICA


 di Maria Lombardo

A 42 anni dalla strage di Ustica, la sorte del Dc9 Itavia inabissatosi il 27 giugno 1980 resta ancora avvolta dal mistero, come un enigma è il ritrovamento nello stesso periodo di un Mig libico che precipitò sui monti della Sila, nel comune di Castelsilano.Non è mai stato definitivamente chiarito se quel caccia militare fosse coinvolto nel disastro, precipitando lo stesso giorno dopo aver ingaggiato una vera e propria battaglia aerea sui cieli italiani oppure venti giorni più tardi, infatti il rinvenimento ufficiale del Mig e del cadavere del pilota che si trovava ai comandi avvenne il 18 luglio 1980 nella località Timpa delle Magare, a tre settimane dal disastro avvenuto nei cieli dell’isola siciliana.Un alone di mistero aleggia intorno a queste due faccende e tante sono le prove che indicherebbero un collegamento del caccia caduto in Sila con la strage di Ustica, come le  testimonianze di diversi militari in servizio in quel periodo, tra le quali quelle del caporale Filippo Di Benedetto e dei suoi commilitoni del battaglione "Sila", del 67º battaglione Bersaglieri "Persano" e del 244º battaglione fanteria "Cosenza", sostenenti di aver effettuato servizi di sorveglianza al MiG-23 non a luglio, bensì a fine giugno 1980.Inoltre le testimonianze depositate dai sottufficiali Nicola De Giosa e Giulio Linguanti, affermanti che "La fusoliera del MiG era foracchiata come se fosse stata mitragliata... erano sette od otto fori da 20 mm... ritenni che si trattasse di colpi di cannoncino...", sono un ulteriore conferma che quel MiG cadde in circostanze non ancora chiare, ma in ogni caso diverse da quanto ufficialmente dichiarato.In un articolo dal titolo “Battaglia aerea poi la tragedia”, pubblicato dal quotidiano “L'Ora” il 12 Febbraio 1992, il giornalista Nino Tilotta, parlava di uno scontro aereo avvenuto tra due caccia F14 Tomcat della US Navy ed un MIG 23 Libico. Secondo questa versione, il SISMI, all'epoca comandato dal generale Giuseppe Santovito, avrebbe avvertito gli aviatori libici di un attacco sul Mar Tirreno, progettato da francesi e americani, all’aereo diretto in Unione Sovietica in cui viaggiava Gheddafi. In seguito a questo avvertimento, l'aereo che trasportava il dittatore, arrivato su Malta, tornò indietro, mentre altri aerei libici proseguirono la propria rotta.Probabilmente uno di questi MIG fu attaccato e precipitò in Calabria proprio il 27 giugno, tuttavia la “carcassa” venne fatta ritrovare il 18 luglio. Quel giorno una telefonata effettuata da persone del posto allertò i carabinieri di Caccuri della presenza dei resti di un aereo tra le montagne di Castelsilano. Scattò l’allarme. In poche ore confluirono nella zona dello schianto carabinieri, poliziotti, reparti dell’Esercito e dell’Aereonautica. L’intera area interessata dalle operazioni di recupero venne inibita all’accesso di curiosi e giornalisti. Nello spazio di cinque chilometri intorno al velivolo nessun civile poté mettere piede.Pressato dall’opinione pubblica, il Ministero della Difesa diffuse dopo poche ore un comunicato ufficiale in cui si parlava di “una carcassa di un Mig 23 monoposto di fabbricazione sovietica, sprovvisto di armamento e serbatoi supplementari, in dotazione alle forze aree libiche. Nella cabina è stato rinvenuto il cadavere di un pilota, di carnagione scura e dell’apparente età di trent’anni”. Stop.Muammar Gheddafi, dall’altra parte del Mediterraneo, rispose con un comunicato ufficiale del suo governo: “Il nostro pilota era in volo d’addestramento e a causa di un improvviso collasso ha perso il controllo dell’aereo, precipitando”. Gli inquirenti diedero subito la sensazione di voler chiudere in fretta il caso. Il corpo del pilota, inspiegabilmente, senza autopsia, venne ricomposto e sepolto nel piccolo cimitero di Castelsilano.Paradossalmente, l’autopsia sarà eseguita solo cinque giorni dopo, con la riesumazione del cadavere. L’esame necroscopico, compiuto in ritardo e svolto dai professori Erasmo Rondanelli e Anselmo Zurlo, fece risalire il decesso del pilota al giorno della presunta caduta.Giunsero nel frattempo in Italia tre esperti del governo libico e il corpo della vittima venne restituito alle autorità d’oltremare con i resti del velivolo.Tuttavia i medici legali dichiareranno in seguito di aver cambiato opinione sulla data della morte del pilota, manifestando in una memoria aggiuntiva la convinzione che il libico fosse spirato almeno 15-20 giorni prima del ritrovamento. Pure l’ufficiale sanitario di Castelsilano, tra i primi ad accorrere sul posto, aveva descritto la salma come in apparente avanzato stato di decomposizione.A tutto questo si deve aggiungere anche la testimonianza di un avvocato di Catanzaro, Enrico Brogneri, autore poi di un volume sulla strage di Ustica. Il professionista (interrogato, in tempi diversi, dai giudici Bucarelli e Priore) dichiarò di aver visto sul cielo della sua città, la sera del 27 giugno 1980, un aereo da guerra sfrecciare a bassissima quota, sfiorando quasi le case.Tutti questi elementi porterebbero alla conclusione che il caccia libico caduto in Sila sia stato protagonista, diretto od indiretto, della caduta dell'aereo civile italiano ad Ustica. Tutte le autorità, nel luglio del 1980, si guardarono bene dall’accreditare uno scenario del genere.Il mistero continua…

Fonti: il Corriere della Calabria, la Gazzetta del Sud

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