CHIESA DI SANTA DOMENICA A POLICASTRELLO (CS)
di Maria Lombardo
Oggi per Viviamo la Calabria vi presenterò la Chiesa di
Santa Domenica a Policastrello, una frazione di San Donato di Ninea. Policastrello
è una cittadina fortificata di origine bizantina come suggerisce il nome stesso
(dal greco “Polis Castron” che significa Città-Fortezza), che conta ad oggi
solo 223 abitanti. Distesa tra i versanti montuosi dell’Orsomarso, ebbe un importante
ruolo di difesa e controllo del territorio, trovandosi sulla via che un tempo conduceva
alle cave di Lungro e proseguiva verso nord fino a congiungersi all’antica via
Popilia. Fu una comunità autonoma fino al 1811, quando con Decreto Regio, venne
aggregata al comune di San Donato di Ninea. E’ uno dei centri storici meglio
conservati del circondario in cui sono custoditi monumenti pubblici di
straordinaria importanza artistica e archeologica. La scoperta di un borgo
straordinario e davvero poco conosciuto dove, tra fontane dalle acque freschissime,
vicoletti e scorci incantevoli, un imponente Castello Normanno, un suggestivo
Battistero medievale, la chiesa di matrice
cistercense del SS. Salvatore piena di tesori artistici e la Chiesa dedicata a
Santa Domenica, il tempo sembra trascorrere in maniera più lenta e le opere create
dall’uomo e dalla natura si fondono armoniosamente. Tra questi tesori c’è sicuramente la bella
Cappella-Oratorio di Santa Domenica, edificio che sorge immediatamente fuori
dalle mura di cinta, nelle vicinanze di una delle porte d’ingresso alla cittadella.
E’ molto probabile che originariamente la chiesetta fosse intitolata alla
Vergine, infatti, secondo l’usanza bizantina la chiesa intitolata alla Madonna
veniva costruita in prossimità delle porte di accesso, poiché doveva benedire e
proteggere la città. La chiesa è a navata unica e presenta numerosi rifacimenti
strutturali, infatti sulla parete della facciata si conserva una porzione di muro
di un edificio più antico; potrebbe trattarsi di una porzione del catino absidale
sopravvissuto all’ultimo restauro avvenuto nel XVI secolo. Da un’attenta
analisi del contesto si evince che originariamente la struttura doveva avere
una pianta e un orientamento diverso da quelli attuali: doveva trattarsi di un
edificio di modeste dimensioni orientato Ovest-Est con abside rivolto ad est,
secondo i canoni della liturgia bizantina e ingresso posto sul lato sinistro.
Solo un saggio di verifica potrà confermare o smentire tale ipotesi. Al suo interno
si conservano sette pitture ad affresco datate 1565/1568, cioè alla fase matura
del Rinascimento, che tuttavia presentano marcati tratti bizantineggianti tipici
delle raffigurazioni calabresi dei secoli precedenti. Il primo affresco si
trova sulla parete sinistra, distaccato dagli altri, e raffigura Antonio Abate
che indossa i paramenti dell’ordine domenicano. Il Santo viene raffigurato con
i simboli che lo contraddistinguono: nella mano destra tiene un bastone con
campanellino e fiammella ed il maialino in prossimità dei piedi. Proseguendo in
direzione dell’altare si incontrano due registri rettangolari: la prima figura
è quella che si distingue dalle altre per la bellezza delle linee del volto, la
grazia negli atteggiamenti e l’eleganza nei panneggi. Reca la firma
dell’artista, “Michele Cozzitorto, anno 1565” che in base alle caratteristiche
stilistiche potrebbe identificarsi con il maestro del ciclo pittorico.
Raffigura la “Theotokos Litta”, cioè la Madre di Dio in Trono con il Bambino
nell’atto di benedire la terra ed i fedeli con il latte che sgorga dal suo
seno. È la prima volta che vediamo rappresentata una Madonna che allatta da
entrambe i seni, e questa volta non allatta il bambino ma sparge la sua Grazia
sull'umanità intera. Decisamente originale. Il secondo affresco raffigura la “Theotokos
Eleusa” (dal greco bizantino Ἐλεούσα, colei che mostra tenerezza o che mostra
misericordia): tiene nella mano destra un ramoscello di melograno, con la sinistra
regge il Bambino il quale compie il gesto benedicente nel segno della doppia
Natura del Cristo, mentre con la mano destra regge il Globo terrestre
sormontato dalla Croce. L’affresco presenta particolarità stilistiche proprie
dell’oriente bizantino. L’affresco sulla parete destra raffigura San Leonardo
che regge nella mano destra la catena e nella sinistra il Vangelo. Sulla parete
occidentale dell’edificio, dove è appoggiato l’altare, si conserva un ciclo di
tre affreschi molto suggestivi. Il centro della composizione pittorica è
dominato dalla “Theotokos Galaktrofousa”, cioè Maria in trono che allatta il
Bambino: la Madonna è raffigurata in posizione frontale, con un leggero
avvitamento della testa verso destra; la ieraticità espressiva conferisce alla figura
una sovrumana maestà. Questo tipo di raffigurazione richiama il tema della
Maestà di Maria diffuso nell’Italia meridionale tra il XIV ed il XV secolo. Sul
lato destro è raffigurata la Trinità, il Cristo Crocifisso sorretto da Dio Padre
che mostra al mondo i patimenti del Figlio in remissione dei peccati dell’uomo.
Sul lato sinistro è raffigurata Santa Domenica, cui è intitolata la chiesetta.
Regge nella mano destra la palma, simbolo del martirio nel rito latino, e nella
mano sinistra il Vangelo, bussola di condotta per il raggiungimento della vita
eterna attraverso la parola di Dio. La cintura che ferma la tunica sotto il seno
è simbolo di verginità mentre i capelli sciolti indicano la sua giovinezza e lo
stato di nubile della Santa. Il nome
Domenica è la forma latina del greco Ciriaca, corrispondente a una santa anatolica,
molto venerata nel mondo ortodosso, le cui vicende agiografiche sono
perfettamente sovrapponibili alla vita di Santa Domenica. La chiesetta è ubicata
però in un posto da riqualificare ed i dipinti stanno sgretolandosi. Ma
sappiate che esiste!
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