Il sisma del 16 dicembre 1857: quando gli aiuti dello Stato Borbonico furono inesistenti.
di Maria Lombardo
Ho sempre scritto delle sciagure che nel corso dei secoli
hanno colpito la Calabria. Questa volta i miei studi sono rivolti alla vicina
Basilicata per tre motivi fondamentali è
uno dei terremoti più distruttivi della storia sismica
italiana degli ultimi 25 secoli, è il primo al mondo documentato
fotograficamente, è il primo per cui la scienza dei terremoti è
definita come sismologia.
Un triduo interessante non c’è che dire! Andiamo ora per gradi al racconto
storico è il 16
dicembre 1857, alle ore 20:15, 20:18 e 21:15 tre violentissime scosse di terremoto devastarono una vasta area della
Basilicata e una parte della Campania. La provincia di Potenza e di Salerno rase
al suolo, i danni maggiori nelle zone montuose, in particolare nell’alta
Val d’Agri, 180 località subirono
danni gravissimi al patrimonio edilizio,
tanto da rendere inagibili gran parte delle case. Entro quest’area, più di 30
centri subirono danni disastrosi: interi paesi e villaggi sparsi su una
superficie di 3.150 km2 furono rasi al suolo.Negli
attuali comuni di Montemurro, Grumento Nova (allora Saponara), Viggiano, Tito,
Marsico Nuovo e Polla si ebbe il maggior numero di vittime. Complessivamente vi
furono 3.313 case crollate e 2.786 divennero pericolanti e inabitabili.
Spaventoso fu anche il bilancio dei morti: secondo le stime ufficiali 10.939,
di cui 9.732 nelle province lucane e 1.207 nella provincia di Salerno. Stime
non ufficiali, ma più realistiche, portano a 19.000 il numero totale di vittime. Il Giornale del Regno delle Due Sicilie del direttore
dell’Osservatorio Astronomico di Napoli Leopoldo del Re, pubblicava il 17
dicembre la notizia, nella quale si diceva che alle 20:15 e due minuti dopo si
erano sentite due forti scosse di terremoto. Pochi giorni dopo il 20 dicembre, Alphonse Bernoud, un
fotografo francese operante a Napoli, partì per documentare con la fotografia
lo stato dei paesi colpiti. Vi ritornò spesso nei luoghi colpiti e vendeva ogni
volta quegli scatti al fine di raccogliere fondi per quelle popolazioni.
Molte sue fotografie
sono animate con persone, fra cui spesso era presente anche il suo assistente
con lo zaino in spalla recante la scritta “Alphonse Bernoud photographe”. Un
espediente anti-pirateria del tempo per evitare riproduzioni e duplicati non
autorizzati. Quel terremoto fece davvero
discutere il mondo. Si documentarono luoghi dalla Campania fino a
Potenza! Ma quale fu la risposta istituzionale dei Borbone? La storiografia
Borbonica di epoca non quella attuale che non conosce minimamente certi
argomenti di valenza storica, ricorda
“cospicui” interventi governativi, in realtà l’intervento del governo borbonico
fu irrilevante, quando non dannoso. Solo a fine marzo l’Intendenza di
Basilicata comunicò i danni subiti e, a riprova della tragica situazione della
popolazione a oltre tre mesi dal terremoto, fu il problema del seppellimento
dei morti, che nei carteggi ufficiali erano ormai sbrigativamente chiamati
“carogne”. Questi erano ancora per la maggior parte in decomposizione
sotto le macerie di paesi nella morsa di un rigido e piovoso inverno lucano.
Gli osservatori stranieri ed i corrispondenti delle maggiori testate
giornalistiche europee dicevano che
quello dei Borbone fosse un regno in rovina. Le ragioni di quel lunghissimo
processo di degrado erano indicate nei cattivi governi, nell’ingiustizia eretta
a sistema, nella prevaricazione continua, nell’oscurantismo culturale
predominante. La critica era spesso attacco politico diretto, elemento che
innescava durissime reazioni e spingeva a difese d’ufficio. Ecco che Teofilo
Roller e Major cominciarono a distribuire aiuti e la polemica degli interventi
governativi fu lunga a spegnersi. Il governo borbonico fu tacciato di
incapacità, omissione di soccorso e ritardi.
Di Montemurro, definito da Robert Mallet “città dei morti”
(Mallet 1862), uno dei paesi più colpiti, Roller diede una tragica descrizione,
avendo fatto una ricognizione personale nell’area del terremoto (Roller
1861):“Arrivati molto tempo dopo il disastro [ossia nel febbraio 1858], i
soldati hanno costruito due o tre capanne [le fonti ufficiali ne dichiaravano
426], è vero, ma le autorità le hanno impiegate a loro proprio uso. In quanto
alla popolazione, non ne sono affatto preoccupati, sotto lo stesso pretesto che
essa era tutta sotto terra, e che 5.000 abitanti erano morti sui 7.500 che
contava la città. Questa cifra è spaventosa, ma dolorosamente vera, ciò che è
vero altresì, è il modo con cui le autorità e la truppa han reso gli ultimi
doveri ai morti, e soccorso i vivi. Di quelle 5.000 vittime, 2.000 appena sono
state tratte da quel cimitero.”. In quel parapiglia vi furono numerose repliche
nel mese di dicembre in particolare quelle avvenute il 26 dicembre alle ore
2.00 e alle ore 5.00 causarono il crollo delle ultime costruzioni ancora in
piedi a Montemurro. Nei mesi
successivi le scosse continuarono fino al maggio 1859; tra
queste, quella avvenuta l’8 marzo 1858 alle ore 0.15 causò danni a Potenza e a
Tramutola. Inutile aggiungere che cambiò l’orografia di quelle zone molte
sorgenti aumentarono la loro portata. A Marsico Nuovo, Moliterno, Salandra ed
Episcopia vi furono esalazioni gassose e solforose. Nei pressi di Viggiano di
verificò una frana sismo-indotta, documentata da un disegno di Mallet allegato
al suo Rapporto. Mallet alla notizia del sisma si fionda in” Italia” richiese
150 sterline alla Royal Society e iniziò a studiare quelle cicatrici. Non prima
di ottenere l’autorizzazione del governo di Napoli che arrivò il 10 febbraio.
Studiò le fotografie di Bernoud poi si mise in viaggio in 15 giorni percorse
500 km tra sentieri impervi e paesaggi pericolosi. L’ingegnere irlandese
rientrò a Napoli il 28 febbraio e vi trovò un telegramma da Londra che lo autorizzava
ad affidare un reportage fotografico a Grillet a corredo della sua missione. Il
7 marzo Mallet partì per fare rientro in Inghilterra e nei primi giorni di
aprile 1858 inviò al presidente della Royal Society una breve relazione della
sua missione scientifica, tenendo i dettagli scientifici e le conclusioni per
una trattazione più sistematica.Finiva così l’esperienza sul campo, la tanto
attesa occasione di osservare nel “laboratorio terremoto” e iniziava
l’avventura della pubblicazione della relazione estesa della sua spedizione
scientifica, con cui Mallet
definì sismologia la scienza dei terremoti (Mallet 1862).
Ferrari G.
(2004-2009) (a cura di), Viaggio nelle aree del terremoto del 16 dicembre 1857,
Bologna, 6 voll. e 3DVDROM multimediali.
Ferrari G. e McConnell A. (2005). Robert Mallet and the
“Great Neapolitan Earthquake” of 16th December 1857, Notes and Records of the Royal Society of London, January
2005, pp. 45-64.
Guidoboni E. e Ferrari G. (2004). Il grande terremoto del
16 dicembre 1857 e gli effetti di altri eventi sismici nel Vallo di Diano e
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Guidoboni E., Ferrari G., Mariotti D., Comastri A.,
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Mallet R. (1862). Great Neapolitan earthquake of 1857. The
first principles of observational seismology, Londra. Traduzione italiana
in Ferrari G. 2004-2009, vol. 2.
Roller T. (1861). Il governo borbonico innanzi alla
coscienza dell’umanità ossia i provvedimenti del governo nella tremenda
catastrofe del Terremoto del 16 dicembre 1857, Napoli.
Valensise e Guidoboni (2000), Earthquake effects in the
environment: from historical description to thematic cartography, Annali di
Geofisica, vol. 43, pp. 747-763.
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