8 MARZO 1832 TRA CROTONE E CATANZARO SI ABBATTè UN VIOLENTO SISMA.



di Maria Lombardo



Per l’ennesima volta la Calabria Ultra, terra già stremata dalla Monarchia Borbonica viene duramente sconquassata da un terribile sisma, questa volta l’epicentro è tra Crotone e Catanzaro. Ormai gli anni in Calabria si contavano attraverso le calamità naturali! La scossa avvenuta nel cuore della notte all’1:15 magnetudo 6.6 ( Richter) spazzò via centinaia di persone. Le cronache del tempo cantano:” “Nell’ottava luce di Marzo del 1832 nessun segno di prossima catastrofe sulla Catanzarese regione si osservava. Placido, e sereno, il cielo, cheto l’aere, indocilito e terso il mare, spensierati i Calabresi ed alle consuete blandizie o uffici della vita intesi …. quieti e tranquilli, tutti glielementi adunque erano in pace. Menzogniere apparenze, la terra chiudeva nel suo grembo tristi e potenti furori che tosto con orribile sconvolgimento della natura avrebbe sbrigliati”.
 L’epicentro esatto del sisma viene individuato dall’INGV fra Cutro e San Mauro Marchesato, comuni che subirono gravi danni. I crolli furono diffusi, chiese collassate, campanili abbattuti e grosse crepe in molte delle abitazioni rimaste in piedi. Ben 234 le vittime totali del disastro, un migliaio i feriti, molte migliaia di sfollati, i quali fuggirono dai centri colpiti e alloggiarono per mesi in capanne di fortuna, mentre i comuni venivano ricostruiti in insediamenti diversi da quelli originari. Inoltre come sappiamo dalla storia spesso i terremoti in Calabria sono accompagnati da tsunami che anche questa volta non mancò. Si abbattè  fra Steccato e Marina di Catanzaro, all’epoca zona paludosa! “Nè solo la terra, ma eziandio il mare e il cielo erano irati. Il fiotto ingrossato e rimugghiante si alzò sul suo livello, segnatamente nella foce del Targine, invadendo le sponde con larga inondazione ….. Ai fragori del tremuto univasi i rombi delle agitate onde, il rovescio di impetuosa pioggia…. le calabresi valli del supremo ed incomposto fragore, orrendamente echeggiavano”.Si registrarono anche molti fenomeni di liquefazione del terreno. La scossa fu distintamente avvertita in tutta la Calabria, in quasi tutta la Sicilia e a nord in Puglia, Basilicata, senza creare danni. La Corona Borbonica inviò Giovanni Pagano per documentare quanto accaduto. L’inviato scrive nel suo documento:” Un intenso, universale, e cupo rimugghiamento sul fiume Corace nella fatal ora udissi, dopo il quale la terra violentemente fu agitata, e scossa per lunga ora, ed ogni cosa fra spaventi, dolori, e fragore, e ruine avvolse. Tutti i paesiche sorgevano tra i fiumi Neto e Corace in un istante giaquero”. Nel Marchesato, a Mesoraca, Marcedusa, Rocca di Neto, Papanice, Petilia Policastro San Leonardo di Cutro e Cutro, quasi tutti gli edifici crollarono. Crotone subì molti danni con oltre 100 edifici da ricostruire, così come Catanzaro, ove la scossa provocò il crollo di molte case e l’inagibilità di altrettante altre. Lievi danni subirono gli abitati nella provincia di Cosenza. “Ai lati del fiume Tacina la terra largamente apertasi, eruttò acqua bollente, e melma, la quale costituì dei banchi di arena biancastra. Altre aperture nelle fertili e ridenti campagne del Marchesato si dischiusero, nelle quali pregevoli e deliziose casine nabissarono. Una magnifica casina fu dalla violenza del tremuoto partita in due metà, delle quali una allontanata per più di 50 palmi dal sito primiero restò in piedi, e l’altra ridotta in minuti tritumi. Rocca di Tacina, piccola borgata, dopo essere stata balestrata mezzo miglio lontana dal suolo ove era edificata, fu smantellata sino dalle fondamenta, e talmente stritolata, che un mucchio d’infrante pietre coverie di calcina polverata all’estremo disfacimento avanzò. Alcune rupi si spezzarono, e grandi massi con grandi rovine ne rotolarono pel dorso delle colline fino al piano, o alle valli”.
Non mancarono come si legge in calce gli effetti sismo indotti! “…Intanto, spuntata la nuova aurora, e scemato cosiffatto furore, ed inanimiti i Calabresi, variamente alla propria salute, ed alle particolari tendenze, e circostanze intendevano. Gli scampati, guardavan con orrore le proprie miserie, ed ormai volgevano il pensiero e lo sguardo alle rovine che rinchiudevano i cari corpi del padre, della madre, del fratello, del figlio; e trepidi e addolorati cominciarono ad aggirarsi per le tristi macerie, colla speranza di trar vivi o semispenti gli amati parenti, ed aiutarli, o dar loro sepoltura se morti”.


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