La festa più bella dell’inverno calabrese: Saracena (CS) si celebra S.Leone tra fede e profano.


di Maria Lombardo




Attraverso lo studio della Calabria ho imparato che le più belle tradizioni sono quelle dei borghi “sperduti”.  Tradizioni che vivono secoli di storia e sempre rinnovati! Siamo a Saracena nel Cosentino ai piedi dei Monti di Orsomarso.  Il patrono di Saracena è San Leone, che viene celebrato con un rito tra sacro e profano che contribuisce allo sviluppo dell’identità culturale. La festa di San Leone è infatti l’appuntamento più atteso ed importante dell’anno che si rinnova da secoli tra tradizione popolare, musica ed enogastronomia e che attira ogni anno numerosi visitatori da ogni parte della regione. Le celebrazioni per S.Leone durano due giorni si parte del 19 febbraio con una suggestiva fiaccolata che parte dalla chiesa del Santo e tra canti e suoni degli strumenti tradizionali e soprattutto grida di giubilo con megafoni artigianali. «Evviva S. Leone»… L’invocazione augurale – scrive Teti per l’edizione 2016 della festa – era trascinata, urlata, ripetuta da centinaia di persone, in tempi e in modi diversi, nel mezzo di salti, girotondi, danze, comportamenti e gesti che evocavano antichi riti di possessione e di guarigione. Mai visto nulla di simile! Ad ogni rione del paese scoppiettano grandi falò i “fucarazzi”che ardono fino alle luci del giorno.Giovani ed anziani che, muniti di organetti e chitarre, vanno di strada in strada cantando, vengono offerti prodotti locali come salumi, vino e il tipico Moscato di Saracena.  In tutti i rioni di Saracena le pietanze preparate in occasione del rituale in onore di San Leone sono pressoché uguali, o presentano lievi differenze in base ai gusti e alle disponibilità delle famiglie. Dagli anni ’70 del ‘900, le usanze legate al consumo del cibo oltre che alla sua quantità sono venute però a modificarsi notevolmente. I fattori che hanno portato a questi cambiamenti sono l’aumento del benestare economico della comunità saracenara, che ha permesso di arricchire il “menù festivo”; la più facile reperibilità di molti prodotti, un tempo presenti soltanto nell’immaginario collettivo; e sicuramente il modificarsi di alcune preferenze verso determinate pietanze anziché di altre. Per quanto riguarda i “fucarazz” la storia suggerisce questo: « La festa popolare di San Leone si incentra sulla serata dei fuochi; quella del mese di febbraio è la festa del patrono e viene festeggiata anche in altri luoghi dove il santo è conosciuto oppure diventato protettore come a Saracena. E’una festa che si celebra nel calendario della chiesa greco – bizantina, è quindi una festa orientale, ha un ufficio, ha una sua tradizione; ed il 20 febbraio è la festa solenne, nel senso che a Saracena in questo giorno non solo si festeggiava il santo ma anticamente non si lavorava;  era un giorno di festa come la Domenica, come Pasqua, insomma era ed è una festa popolare. Questa festa è sorta in modo solenne con la vigilia del 19 febbraio quando ebbero origine i primi mercati paesani e per questa coincidenza si voleva vivere una festa tutta particolare: a febbraio qui a Saracena si festeggiava San Leone e 15 – 20 giorni prima lungo le mura del paese e nelle campagne si accampavano i forestieri che portavano il bestiame da vendere alla fiera. Nove giorni prima del 19 febbraio iniziava la novena a San Leone, il giorno della vigilia si invitavano tutti anche i mercanti a stare vicino i “fucarazz’” (falò) e a fare tutto in onore del santo … questo spiega anche da dove proviene l’urlo: “VIVA SAN LEONE” » Si tratta di una festa di antica origine in cui le credenze popolari legate al fuoco, all’acqua, agli elementi naturali, derivate da riti pagani, si fondono con la tradizione religiosa cristiana. I festeggiamenti termineranno  giorno 20 dedicato al Santo Vescovo, che sarà omaggiato con tre funzioni religiose. Le due Sante Messe, al mattino, alle ore 9 e alle ore 11, e nel pomeriggio la celebrazione solenne alle ore 18.«La festa di San Leone a Saracena è, senza dubbio, una delle più belle e intense, complesse e avvincenti che si svolgono nei mesi invernali in Calabria e nel Mezzogiorno d’Italia». È così per Vito Teti, professore di Antropologia Culturale presso il dipartimento di Studi Umanistici dell’Università della Calabria, che affida suggestioni, atmosfere e tutto il fascino di un rito ancestrale che resiste nel tempo, al saggio “. E una festa carnevalesca, con consumo abbondante di cibi e di vino, e infatti cadeva nel periodo di Carnevale e la prima volta che ho saputo di questa festa del santo e i festeggiamenti per Carnevale coincidevano.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le paste Gioiosane un dolce tipico di Gioiosa Jonica: venite a gustarle in Calabria!

La Riganella è un dolce del rituale pasquale, tipico delle comunità d'origine albanese

” U SACCHIETTU” di Longobucco (CS)anticipiamo il Capodanno Calabrese!