S. VALENTINO: LA STORIA DEI “GIULIETTA E ROMEO” DI CATANZARO.
di Maria Lombardo
Anche
la Calabria ha i suoi “Romeo e Giulietta”
qui però si chiamano Rachele De Nobili e Saverio Marincola. E per la
cronaca sono esistiti davvero! Una bellissima storia d'amore vissuta al Palazzo De Nobili,
il tutto si svolge a cavallo del 1830-’40
e due giovani appartenenti all’aristocrazia catanzarese e a due famiglie
fra le più note della città s’innamorarono. Rachele una bellissima
ventenne viveva con la madre ed i fratelli ma l’amore per Saverio veniva
osteggiato dalla famiglia per politici
dissapori verso i Marincola. I
loro incontri infatti erano prettamente clandestini! Famiglie che avevano ideali politici ferrei i
De Nobili erano ferrei borbonici i Marincola erano carbonari, un vero
stillicidio. I due clandestini si incontravano sotto la finestra di Rachele
tutte le sere con la paura certa di venire scoperti dai fratelli della giovane.
Una sera però il maggiore dei De Nobili scoprì la tresca, apre il portone
principale del palazzo ed affronta a duello Saverio; quest’ultimo si difende ma
poi riesce a fuggire, incalzato non solo dal maggiore, ma anche dagli altri due
fratelli della fanciulla. La ragazza
venne rinchiusa in una stanza, Saverio escogita un modo per rivederla. Fa
mettere dei zoccoli d’argento al suo cavallo in modo da fare un trotto diverso,
quello era il segnale per Rachele che si affacciava dalla finestra per salutare
il Marincola. La storia non evolve per almeno sei mesi; quando, una sera,
intorno alle ore 21.00, il Marincola, provenendo dalla zona di Catanzaro Lido,
dove si era recato ad ispezionare alcuni latifondi, viene appostato, nei pressi
della salita di rione Samà, e fermato da alcuni colpi di carabina che alcuni
sconosciuti gli sparano contro: soccorso da alcuni presenti, morirà dopo due
ore. Rachele inizia a non mangiare e bere enon vuole vedere nessuno. Le
indagini portano ai fratelli De Nobili che fuggono a Corfù. Rachele, affranta,
lascia il palazzo, arriva in carrozza fino a Pizzo Calabro e qui s’imbarca per
Napoli dove viene accolta nel Convento delle “Murate Vive”. E’ qui, divenuta
suora, che trascorrerà il resto della sua vita. I De Nobili vogliono la grazia
facendo ritorno a Catanzaro e promettono che, avrebbero rivelato alle autorità
di una certa operazione rivoluzionaria che, dall’isola di Corfù, sarebbe
approdata sulle coste calabresi per tentare di far insorgere gli animi al
patriottismo, contro i Borboni. Questa spedizione, in effetti, era capitanata
da due fratelli che, ufficiali nella Marina Austriaca, nel 1841 disertarono per
la causa dell’unità e libertà d’Italia e fondarono la società segreta
“Esperia”, affiliata nel 1842 alla Giovine Italia di Mazzini. I due fratelli
erano i famosi Attilio ed Emilio Bandiera (Venezia 1810 e 1819, vallone di
Rovito, Cosenza 1844) che sbarcarono in Calabria per fomentare una sollevazione
ed, appunto, furono traditi e fucilati il 25 luglio 1844 a Cosenza per la
delazione dei fratelli De Nobili. I giovani assassini tornarono a Catanzaro e
cercarono di rivedere la sorella pur sapendo che era difficile vederla ma, ella
rifiutò risolutamente di incontrarlo. Rachele si considerava morta per il mondo
intero e non avendo il coraggio di uccidersi, aveva deciso, pur soffrendo
enormemente, di essere per sempre il simbolo del rimorso per i fratelli che si
erano macchiate le mani di sangue. Dopo la morte di Rachele, molti testimoni
giurano di aver visto una figura spettrale, vestita da suora, aggirarsi nel
Palazzo De Nobili. Molti di essi sono gli impiegati del Comune di Catanzaro
che, anche durante il giorno, vengono disturbati da rumori improvvisi ,
spostamento di oggetti e improvviso chiudersi o aprirsi di porte. E’ uno spirito ancora carico di rancore e di
odio per la morte ingiusta del suo amato Saverio, vittima incolpevole di un
amore non realizzato. Il fantasma della fanciulla torna nella casa paterna,
nella speranza di rivedere ancora una volta quello di Saverio, ma non può più
farlo perché affacciarsi alla finestra della sua stanza è impossibile, in
quanto, nel frattempo, è stata murata. L’anima della suora vaga poiché dannata.
Non è stata, in effetti, la fede a farle prendere i voti, ma la disperazione e
l’odio, quindi il suo giuramento verso Dio fu falso e ciò la condanna a vagare
per sempre.
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