L’Unità d’Italia voluta dai calabresi:”il poeta maledetto” Vincenzo Ammirà da Monteleone Calabro.




 

di Maria Lombardo 


Passato alla storia per due aspetti della sua vita, la stesura del poemetto la Ceceide “osceno e blasfemo” dedicato a celebrare la dipartita della più celebre prostituta di Monteleone. Eppure se l’avessero letto davvero  non sembrerebbe così blasfemo! Il poemetto per così dire “pornografico” ha davvero condizionatola vita dell’artista che viveva e operava in una realtà provinciale e chiusa come poteva essere la Calabria del XIX secolo. Sicuramente  era un personaggio a cui la vita in Calabria stava stretta, davvero stretta. L’altro aspetto fu l’essere pienamente antiborbonico, sostenitore della causa nazionale e questo gli costò non pochi problemi.Arresto e carcere e la polizia borbonica sempre alle calcagne. Pensate che lo cacciarono in carcere perché trovarono in casa sua, nel corso di una perquisizione, una copia manoscritta della Ceceide e addirittura il Decamerone di Boccaccio. Il poeta fu accusato e condannato per «detenzione e scritto di canzone contraria al buon costume e di detenzione di libro che offende il buon costume». La polizia di “regime” che praticava censura sulle opere da scrivere e da leggere! Quando arrivò Garibaldi a Monteleone oggi l’odierna Vibo Valentia non esitò ad appoggiarlo ma la sua condizione non cambiò quando chiese di poter insegnare nel liceo di Monteleone, l’insegnamento gli fu negato proprio a causa di  quella condanna per oscenità che lo perseguitò per tutta la vita. Insegnò quindi privatamente e per due anni lavorò presso il locale ufficio del dazio. In vita sua pubblicò poco molto rimase manoscritto fin quando nel 1975  Antonio Piromalli, il grande studioso e sistematore della letteratura calabrese e a D. Scafoglio, nella premessa alla pubblicazione della Ceceide riabilitarono il poeta di Monteleone. Nel 1979 sempre a cura di Piromalli e Scafoglio sono stati pubblicati  gli altri due poemetti osceni di Ammirà, La Ngagghia e la Rivigliade. Attenzione cari lettori nelle scorse settimane vi ho parlato anche di Galluppi che Ammirà cita così nella Ceceide (E Galluppi lu dotturi / puru avisti ammenzu a tanti /Chi t’amau di pacciu amanti, / ti chjavava a tutti l’uri /cu la sua filosofia / Cecia amata, Cecia mia …).  Basti pensare alla celebre canzone di Fabrizio De Andrè,  quella Bocca di Rosa  che “metteva l’amore sopra ogni cosa”.


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