DALLA LEGGENDA AUREA DI SAN FRANCESCO DI PAOLA SCRITTA DAL BEATO FRANCESCO MOTTOLA. PER IL 2 APRILE FESTA DI SAN FRANCESCO
di Maria Lombardo
«La vedi la vampa lassù?» Il bimbo guardò con la pupilla
tesa: «No, mamma», rispose. Fu cosi che la gente di Paola apprese che il santo
era morto. I bimbi lo dissero ai bimbi e le mamme alle mamme, che la fiamma non
ardeva più e l’Isca non cantava più, scendendo al mare, la sua canzone sacra.
Il santo l'aveva promesso: finché sarò vivo, anche andando in Francia, lascerò
qui la vampa; e i bimbi, e quelli ch'avevan nel cuore il battito puro dei
bimbi, la vedevano ogni sera, nel vespero, sopra la montagna bruna lambita
dall'Isca, la vampa di San Francesco.
Era apparsa la prima volta quando Francesco era nato, sulla
povera casa di Paola, poi s’era nascosta nel suo cuore e lo aveva arroventato;
ma appariva sul suo volto; e quando pregava gli splendeva negli occhi, e quando
parlava la parola gli sprizzava faville e quando operava nell'anima e nelle
cose lasciava i segni lucenti del fuoco.
Una mattina accese con le dita le candele dell'altare, una
sera d'inverno prese fra le palme i carboni accesi, un giorno, per salvar
Martinello (i santi sono i giullari di Dio), entrò nella fornace ch'ardeva.
Lo chiamavano igneo, cioè fuoco. Da dove veniva quel fuoco?
Parecchi anni dopo la morte di San Francesco, a Paola s'accese una disputa
intorno alla natura di quel fuoco.
Dopo San Francesco, qualche fiamma appena; ora da parecchi
anni nessuna fiamma. In Calabria tutti i nostri vecchi conoscono la leggenda
aurea; ne ho interrogato parecchi: tutti, o quasi, mi han detto, concludendo la
storia, che, se non splende la vampa, tuttavia dappertutto in Calabria, ci son
segni di fiamma: basta cercarli, basta alimentali, perché splendano in fiamma.
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