Garibaldi e Bixio sconfiggono le truppe regie a Reggio e dintorni: Reggio è presa il 22 agosto 1860
di Maria Lombardo
Appena sbarcato in Calabria, Garibaldi in due giorni dal 19 al
20 agosto 1860,depistò i borbonici come sua usanza. Alla fine si diresse verso
Reggio, dove attese gli uomini del generale Missori e concertò l’attacco.
Dodicimila soldati regi erano sul posto doveva essere una
passeggiata sconfiggere l’esercito meridionale di Garibaldi, sprovvisto di
cannoni e cavalli. Non fu così. Le colonne si misero in marcia e, protette dal
silenzio della notte, sorpresero le truppe regie. Le avanguardie di Nino Bixio
s’imbatterono nelle vedette del 14° reggimento del colonnello Antonio Dusmet, ed aprirono il fuoco. I comandanti
dell’esercito delle Due Sicilie, credendo di avere d’avanti i soli quattro
battaglioni di Bixio, concentrarono le loro forze in un fuoco energico che, da
un lato, costrinse Bixio ad una dura prova per tenere il nemico imbrigliato,
dall’altro scoprirono il fianco al grosso delle camicie rosse guidate da
Missori e Garibaldi. Bixio travolge i Borbonici e ripiegarono in massa nella
cittadella, dove erano già arrivati Garibaldi e Missori. Nella sua avanzata
Bixio riuscì a rinchiudere una compagnia nemica nel carcere di San Francesco
sottraendole cavalli e due cannoni. Fu una preziosa conquista perché Garibaldi
non ne aveva e con quei pezzi di artiglieria rispose ai cannoni del forte,
tenuto dalla guarnigione agli ordini del settantunenne generale Carlo Gallotti.
Nel frattempo i rinforzi borbonici del generale Fileno Briganti, venivano
bloccati dal fuoco dei garibaldini, ormai padroni della città. Briganti commise
l’errore di rinunciare alle artiglierie ed inoltre divise le sue forze in tre
colonne – le otto compagnie di fucilieri del 1° reggimento di linea le affidò
al colonnello Tobia Micheroux, le quattro compagnie scelte del 1° reggimento al
maggiore Filippo Ross e le quattro compagnie scelte del 14° di linea al
maggiore Gaetano Guccione – assistendo dalla sua carrozza ad un indecoroso
fiasco che costò la vita a 200 dei suoi uomini. Tutti i rinforzi si ritirarono,
ad esclusione dei soldati di Guccione che sfondarono le linee e si rifugiarono
nel forte, mentre Briganti ordinava la ritirata verso Villa S. Giovanni.
Le truppe regie nel forte, dopo due ore di accanita lotta e
cannoneggiamenti diretti dal capitano Antonio Carrascosa, videro le loro navi –
i 7 legni al comando dell’ammiraglio Salazar – non intervenire ma restare al
largo. Si scoraggiarono e poco dopo si arresero. Alle ore 16, Gallotti, resosi
conto che Briganti l’aveva abbandonato, firmò la resa con l’onore delle armi.
Si consegnò coi suoi uomini, le armi, gli animali e le artiglierie ai
garibaldini, poi i soldati borbonici furono lasciati liberi di andarsene. Era
il 22 agosto, Reggio Calabria era presa.l cappellano militare dell’esercito
borbonico Giuseppe Buttà fu inclemente con gli alti comandi borbonici. Salvò
solo Dusmet, che rifiutò del denaro offertogli dai comitati insurrezionali
reggini e volle morire circondato da garibaldini, senza arrendersi, dopo aver
visto suo figlio ferito a morte. Descrisse Gallotti come colluso, Briganti come
un pavido. Il primo fu messo agli arresti da Francesco II, il secondo fu ucciso
dai suoi stessi soldati tre giorni dopo. Quel combattimento costò circa 147
caduti tra i garibaldini e perdite non calcolate tra i borbonici.Nel frattempo
il generale Cosenz, sbarcato anch’egli in Calabria, prendeva il forte di
Scilla, imponevano la resa alle forze del Briganti e si congiungeva alle forze
di Bixio e Garibaldi mentre i borbonici si ritiravano, cadevano prigionieri,
disertavano o passavano al nemico.
(Angelo D’Ambra altra fonte articolo)
Bibliografia: C. Agrati, "Da Palermo al Volturno"
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