Le tante leggende calabresi sul giorno dei morti




di Maria Lombardo



Ed anche sul giorno in cui si commemorano i defunti la Calabria “sfodera” le sue più belle tradizioni non solo culinarie come abbiamo visto in questa settimana di preparazione. Si tratta di credenze legate, innanzitutto, all’idea che la vita e la morte sono comunque, sempre, inevitabilmente legate. I cari defunti ripopolano i nostri paesi solo per una notte tornano a far visita ai vivi. I nostri “penati” ritornano in spirito sulla Terra per rifoccillarsi o solo per assistere alla messa. Tutto il mondo è paese e le leggende calabresi assomigliano a quelle del resto d’Italia. In Aspromonte si crede che nella notte tra giorno 1 e 2 novembre, i morti si radunano in chiesa per sentire la loro messa, la cosiddetta “messa dei morti”. Nessuno dei vivi li deve interrompere per non rischiare il contagio della morte. Addirittura c’è chi pensa che i defunti rimangano per l’intero mese di novembre tra noi. Così le famiglie mettono ogni sera sul tavolo un piatto ricolmo di cibo, la bottiglia del vino, una brocca d’acqua. In qualche paese si lascia addirittura un mazzo di carte da gioco, affinché i defunti possano ancora assaporare i passatempi della vita. In molte zone tra Reggino e Vibonese si usava raccogliere la cera dei lumini sulle lapidi. Era un modo per ricreare nuove candele in forme di canna o nei vegetali a forma ovale e si accendevano la notte della viglia dei morti. Usanza questa persa nei meandri della memoria.. Si girava per le strade del paese, si bussava alle case dei compaesani per chiedere qualcosa per “i beniditti morti”. Si ricevevano dolciumi o qualche monetina, molto più spesso fichi secchi, corbezzoli, zinzuli - giuggiole, castagne, sorbi, castagne bollite, noci e nocciole. Una sorta di questua in nome dei morti che non veniva mai rifiutata. Altra usanza era quella di andare in giro con delle grosse zucche svuotate e intagliate a forma di cranio sdentato, illuminate da una candela posizionata all’interno. Le zucche sdentate dette “teste di morto” legano perfettamente e simbolicamente la nostra tradizione a quella di halloween. Era l’usanza più gettonata. Si andava in strada a raccogliere piccoli regali di parenti, amici e conoscenti, sempre in nome dei benedetti morti e successivamente si posizionavano le “zucche-teste di morti” sulla finestra della propria casa, per illuminare, con la loro luce fioca, le notti più buie dell’anno. A Villa San Giovanni, invece, l’anatomia di questi dolci viene curata molto, i dolci dei morti assumono una forma realistica di scheletro completo di teschio. Sono i dolci della devozione e del ricordo, sono elementi di una vera e propria alimentazione della memoria e dell’anima che ci permettono di recuperare le tradizioni più arcaiche, quelle che detengono la nostra identità culturale.


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