L’acquedotto rurale di Spilinga (VV) è stato voluto dal nuovo Stato Italiano.






 di Maria Lombardo 


Oggi vi porto a Spilinga tranquillo borgo sul Monte Poro in Calabria per spiegarvi l’esistenza di un acquedotto "romano".  Forse all’apparenza sembra romano ma esiste una documentazione (“Il regno delle Due Sicilie distretto di Monteleone di Calabria” di Filippo Girelli, pubblicato tra il 1852 e il 1859) che attesta la data di realizzazione dell’acquadotto, nella seconda metà del secolo XIX (dal 1867 al 1871).  Dalla Fiumara Poro giungeva fino a Zungri ed era eretto in pietre da taglio. Maestosi archi che ricordanogli acquedotti costruiti dai Romani, della cui presenza nelle vicinanze rimangono, incontestabili testimoni, i reperti di Colarizzi. Questo primo tratto forniva di acqua irrigua i terreni di Spilinga centro e della frazione Carciadi. Il secondo tratto, proseguendo per circa 4 chilometri sul territorio di Spilinga, forniva di acqua irrigua i terreni della frazione Panaia, prima di addentrarsi nel comune di Ricadi. Anche questo tratto dell’acquedotto era caratteristico, dapprima, con un salto di circa 30 metri, spezzato a metà altezza dalla strada provinciale, dove la rumorosa e amena cascatella, prima di scomparire sotto la strada stessa, approviggionava di limpida acqua una vaschetta abbeveratoio per il bestiame, per cui la località era detta “Biveri”. Del lungo percorso in parte interrato, in parte a livello del terreno ed in parte sopraelevato, rimangono solo pochi tratti abbandonati, occultati dai rovi ma scampati alla distruzione. Intanto per avere l’acqua e per dirsi zona civilizzata si è dovuto attendere lo Stato Italiano non i Borbone.


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