Castello Scribla in Terrae Tarsiae: la prima fortificazione normanna in Calabria totalmente abbandonata
di Maria Lombardo
Oggi per Viviamo la Calabria vi voglio mostrare un luogo davvero semi-sconosciuto ai più, completamente abbandonato e depredato, ma con una storia così tanto importante da aver influenzato le sorti della Calabria medievale. Quando si passa sulla SS19, si nota un'altura composta da ciottoli fluviali di forma oblunga di circa 40 metri: si tratta dei resti del Castello di Scribla o di Sant’Antonio di Stridula o di Stregola. Nel 1976 vi furono condotti scavi sistematici, diretti da Ghislaine Noyé e Anne Marie Flambard, che confermarono la storia e luoghi sostenuti dai cronisti della conquista Normanna, ma che nel frattempo erano andati perduti nella memoria e nella toponomastica della zona, tanto che il luogo veniva semplicemente indicato ormai come “Il torrione”. Gli scavi e più recenti studi storici hanno confermato che quei ruderi sono ciò che rimane del più antico insediamento normanno in Calabria. Nel 1044 Guglielmo Braccio di Ferro, insieme con Guaimaro IV, Principe di Salerno, conquistò la Valle del Crati ed edificarono un forte-castello chiamato di Stridula o Scribla, in territorio di Castrovillari, presso l'attuale scalo di Spezzano Albanese, anche se le fonti non sono molto chiare in merito. Quattro anni dopo Drogone, che aveva preso il titolo di Duca di Montalto, mandava in Val di Crati il proprio fratello Roberto il Guiscardo, col pretesto di assoggettare i Cosentini, che si erano ribellati, “concedendogli un castello che è chiamato Scribla”, scrive Goffredo Malaterra, monaco benedettino di origine normanna, autore del “De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratris eius”, una cronaca sull'origine dei Normanni in Italia>>. Il cronista Amato di Montecassino così ci tramanda l’episodio: “Allora Roberto decise di ritornare presso suo fratello, e lo pregò di dargli della terra; ma costui non riteneva di potergliene dare alcuna. E cercò come potesse di rimediare alla povertà di suo fratello: il castello fu costituito su un’altura e fu fortificato con strutture in legno. Questi due elementi ci indicano con sicurezza che trattavisi di una “motta”, la tipica struttura difensiva adottata dai Normanni. Quindi andò in Calabria, dove trovò un’altura ben difesa. La fortificò con strutture in legno, e la chiamò “Rocca di San Martino”, e la donò al fratello, affidandogli il possesso di tutta la Calabria, e poi se ne tornò nella sua terra”. Il Guiscardo procedette nella Valle del Crati senza scrupoli e con grande spregiudicatezza a colpi di razzie, di inganni, di imboscate e di stratagemmi. Vicino al castello di Stridula, per esempio, c'era un monastero benedettino fortificato; non riuscendo ad impossessarsene con le armi, ricorse ad uno stratagemma, che richiama il Cavallo di Troia. Fece chiudere in una cassa da morto un soldato bene armato e la fece deporre alla porta della chiesa abbaziale, perché i monaci procedessero alle sue esequie. Ma mentre si celebrava il funerale, il finto morto si alzò con le armi in pugno: i monaci fuggirono atterriti; ma caddero nelle mani dei soldati che li attendevano alla porta. Da qui Roberto condusse le prime sue azioni militari, che all’inizio sapevano più di atti di banditismo, di saccheggio e ruberie, contro i Bizantini di Calabria, ma che gli valsero il prestigio per condurre poi la sua lunga carriera di condottiere, che lo portò poi a conquistare pressoché tutto il Mezzogiorno. Tuttavia, se la valenza strategica dell’insediamento era indiscutibile, le condizioni climatiche erano delle più sfavorevoli, in quanto, la pianura di Sibari, era impaludata e infestata da febbri. Per questo motivo, dopo qualche anno, Roberto decise di spostare la sua base a San Marco Argentano (1054), luogo non molto lontano più ad ovest, situato in una zona più elevata e più salubre. Nel 1130 intorno alla struttura era presente un villaggio chiamato Sant’Antonio di Stridula, forse per la costruzione di un santuario dedicato al santo, e nel 1260 aveva 210 abitanti. Negli itinerari di Carlo I d’Angiò (1271) risulta come "palatium" il che indica la sua perdita d’importanza come luogo fortificato. In un rapporto del 1531 veniva indicato che il villaggio era ormai disabitato e il castello con la vicina chiesa erano allo stato di rudere. I resti della fortificazione però ci hanno catapultato nel medioevo e calpestare il primo insediamento normanno è stato emozionante e per noi un onore. Questo è uno di quei siti in Calabria da salvare sia per la sua storia, sia per cercare di valorizzare il territorio circostante fortemente degradato.” Il luogo è completamente abbandonato dove oltretutto non è presente un sentiero facile per arrivare in cima alla motta, infatti, si “conquista” la cima con molta difficoltà e buona volontà ma non lo consigliamo perché non è in sicurezza. Che serve l'elettricità se le menti rimangono buoi?
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