“ Giusto fra le Nazioni” il Maresciallo Gaetano Marrari da Reggio Calabria.
di Maria Lombardo
E’il “Perlasca calabrese” e troppo spesso questa figura
umana in tempi difficili è stata dimenticata. Ebbene non solo per il giorno
della memoria ma per ogni evenienza va rammentata. Esperto e qualificato
militare partecipò a tutte le guerre! Insignito di numerose medaglie nel ’40
stava prestando servizio a Roma ma sentendo il bisogno di ritornare nella sua
Calabria chiese trasferimento. Ecco che giunge la nomina per dirigere il corpo di pubblica sicurezza nel campo di Ferramonti
e vi rimase dal 1940 al 1943.Egli
nel campo si distinse per il comportamento amichevole ed in qualche modo
addirittura “buono” e disponibile. Per quanto riguarda il campo di
concentramento Ferramonti ne ho discusso ampiamente sia in questo blog che in
altri, quindi non mi dilungherò molto. A Ferramonti vi erano 92 baracche alcune in legno altre in cemento, a
dirigere il tutto c’era il capo di pubblica sicurezza che stava a capo di 75
poliziotti compreso il Maresciallo Marrari. Inizialmente gli internati furono
solo ebrei di sesso maschile di varie nazionalità (tedeschi, austriaci,
cechi, slovacchi, ungheresi, polacchi), nei mesi successivi arrivarono anche
donne e bambini, uomini politici o cittadini di nazioni in guerra con l’Italia,
come slavi, greci, francesi. Nel giugno 1943 giunse anche un piccolo gruppo di
antifascisti italiani. Ad ogni modo i gruppi più numerosi furono
ebrei stranieri. Molti i gruppi familiari, che non furono mai
divisi, e tanti bambini (ben 21 nacquero all’interno del campo ove furono
celebrati 4 matrimoni). Grazie al Marrari venne creato un autogoverno affidato
a dei detenuti che conoscessero l’italiano.Gli studiosi, a tale riguardo,
ritengono che il comportamento permissivo del maresciallo fosse più dovuto al
mantenimento dell’ordine e della calma all’interno del campo, che per rendere
meno dura la vita degli internati; infatti, gli atti di cortesia e di bontà
sembrano riservati soprattutto ai capi camerata e agli informatori, quali
canali di controllo per l’ordine e la sicurezza nel campo. Il nome di Gaetano
Marrari, tuttavia, figura oggi tra ''gli eroi e i giusti'' nel sacrario delle
vittime della Shoah, Yad Vashem di Gerusalemme. Come è stato sostenuto da alcuni storici, Ferramonti, per ironia della
sorte, rappresentò l’unica isola di democrazia nell’Italia di quegli
anni, grazie al notevole contributo del M.llo Gaetano Marrari il quale rese la
loro vita più lieve, comandante delle guardie, che si adoperò per
garantire loro un’esistenza dignitosa….Nessuno fu ucciso o torturato nel
campo di Ferramonti di Tarsia, in provincia di Cosenza. Un fatto emblematico
che fa davvero riflettere fu l’arrivo
della Circolare ministeriale n. 442/12267,
emanata l'8 giugno 1940 ed avente ad oggetto la prescrizione per i campi di
concentramento e le località di confino, portò all’emanazione anche a
Ferramonti del regolamento disciplinare. Talee circolare citava:”Sottoposti a 3
appelli giornalieri, agli internati era fatto divieto di uscire dalle baracche
prima delle 7.00 e dopo le 21.00, di superare i limiti del Campo senza uno
speciale lasciapassare, di occuparsi di politica, di leggere, senza
autorizzazione, pubblicazioni estere e di intrattenere corrispondenza, di
detenere ed usare apparecchi fotografici e radiofoniche e carte da gioco.
Nessun obbligo di lavorare, con la possibilità di ricevere un sussidio
governativo”. Ferramonti era una cittadella
dove si “respirava libertà” una comunità munita di scuole, sinagoghe, biblioteche,
asili, un tribunale) furono il direttore Paolo Salvatore, commissario di
Pubblica Sicurezza, ed il comandante Gaetano Marrari che consentivano agli
internati di scrivere e di lavorare fuori, di vivere come una comunità soggetta
a regole democratiche. Lo stesso
direttore Paolo Salvatore venne sollevato dall’incarico agli inizi del 1943
perché troppo ‘umano’ con gli internati». Ne discuteremo prossimamente! Non
si può qui tralasciare di ricordare il pressante interessamento del Vaticano
per la condizione degli internati. Esso infatti intervenne insistentemente sul
governo fascista perché fosse evitata qualunque deportazione. Sulla prima
pagina dell’“Osservatore Romano” del 24 dicembre 1941 fu data notizia della
costruzione di una cappella cattolica a Ferramonti e papa Pacelli fece
recapitare in dono agli internati uno speciale organo per musica sacra. Infine
le bellissime parole di Maria
Cristina Marrari, figlia dell’eroico maresciallo Marrari, «”chi sceglieva di
lavorare veniva accompagnato dagli agenti fuori dal campo affinché aiutassero i
contadini. Al rientro portavano legna ma sotto quella legna in realtà vi erano
beni di prima necessità che gli internati erano riusciti a comprare o a
barattare e che sarebbe stato vietato introdurre dentro il campo stesso".
La vita dentro era dura ma per quanto possibile si respirava ‘aria di libertà’.
Il comandante Marrari consentiva recite e concerti ai quali partecipava con la
famiglia. Un’umanità palpabile è nelle parole delle lettere che gli internati
gli scrissero dopo la liberazione e che ancora la famiglia conserva
gelosamente. Poi quell’episodio, che per il maresciallo Marrari rappresentò il massimo
rischio. Per evitare l’ingresso dei Tedeschi giunti al campo per prelevare
internati e deportarli ai lavori forzati o alle camere a gas, issò la bandiera
gialla per segnalare una epidemia di colera. I tedeschi della corazzata di
Hermann Goering non entrarono in quel campo per controllare e quelle vite
furono salvate». Non è un caso che lo
storico ebreo inglese Jonathan Steinberg abbia definito questo campo come «il
più grande kibbutz del continente europeo» e che esso figuri nelle relazioni degli
ufficiali inglesi che vi entrarono nel 1943 non già come un campo di
concentramento ma come un piccolo villaggio con una sua vita sufficientemente
ordinata e dignitosa. Il maresciallo
Gaetano Marrari, insignito della medaglia d’oro della Regione Calabria nell’85,
riscopriamo la nostra appartenenza ad una Regione dove l’onore e il senso di
civiltà sono ben oltre i rancori, le mafie e le persecuzioni razziali.
Orgoglioso ďi essere calabrese
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