Calabria, l'antica arte della pesca del pescespada: simbolo indiscusso della Costa Viola Reggina.
di Maria Lombardo
Soddisfatta del successo dei miei articoli che
hanno lo scopo di fare marketing sul territorio della Calabria, portando su un
piatto d'argento ottimi risultati con un gruppo di irriducibili che mi segue in
tutto dalla pubblicazione alla lettura e divulgazione di questi scritti. Oggi
vorrei parlarvi dell'antica arte delle pesca del pescespada, un pesce di una
carne prelibata e che si adatta a molte preparazioni. Quest'arte affonda le
“radici” nella storia veniva praticata dal '500 ed anche tra i pescatori vi era
la regola del maggiorascato, tempi in cui le famiglie erano davvero numerose.
Catturarlo era un vero e proprio duello poi col tempo le tecniche si sono
affinate per renderla più fruibile. Sulla luntra salivano 6 uomini nerboruti
che sceglievano la migliore vedetta che scrutando i flutti dello Stretto
stanasse il pesce. Un lavoraccio ma andava fatto! Solo col '700 le cose
peggiorarono entrano in scena le palamitare reti che catturavano qualsiasi cosa
anche piccoli esemplari. Uno stillicidio fatto al buio! Si comincia a temere
per la “popolazione” del pescespada, i riti vengono calpestati e con essi si
innalza il malcontento. Giungiamo all'800 quando si aprono le controversie con
Messina, la città siciliana vuole modernizzare la caccia al pescespada. Una
lunga battaglia! Nel 1936 viene sperimentato, a Messina, un fucile per sparare
l’arpione, ma per inconvenienti tecnici e per l’opposizione dell’arponiere.
geloso del proprio prestigio, la trovata viene lasciata cadere. Negli anni
cinquanta qualcuno a Messina munisce il luntre di una passerella in legno a
paia, lunga circa sei metri, fissata con tiranti all’albero di fariera, per
portare l’arponiere sopra il pesce sì che possa vibrare il colpo dall’alto in
basso invece che a parabola; quindi viene aggiunto un motore a gasolio. Subito
dopo l'antica barca calabrese viene abbandonata per la nuova spatara moderna ed
in acciaio dotata di passerella e gabbia per la vedetta.Gli attuali pescatori
si dedicano ad una caccia indiscriminata con mentalità imprenditoriale, coprono
uno spazio che va ben oltre le coste dello stretto e catturano un numero di
prede sproporzionato rispetto alle capacità di ripopolamento. Le palamitare e le
reti a strascico poi fanno il resto, calando a mare reti lunghe anche cinque
chilometri e catturando spadelli di pochi etti “che quando li cucini diventano
acqua”. Alcuni tra i giovani si mostrano preoccupati per il destino di questa
pesca, i vecchi sono scandalizzati e gridano vendetta: “Li dovrebbero mettere
al muro quelli delle palamitare e a chi compra spadelli trent’anni di galera”.
Di quelle epiche battaglie tra pescespada ed uomo oggi rimane solo il ricordo.
Che tristezza!
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