La tradizione di San Giuseppe a Pizzo Calabro (VV).
di Maria Lombardo
Narra la “leggenda” che alla Madonna fu negato un riparo per il parto del
Messia. Proprio da questo concetto nasce da
tempi immemori l’usanza di offrire ai poveri una pietanza calda per San
Giuseppe. Non esisteva casa dove non
c’era “foculàru” in cui non cuocesse una “pignata, ‘nu testu, cu’ ciciàri” ed
i poveri che bussavano a quella casa erano ospiti graditi, come se
accogliessero Giuseppe e Maria con il Bambinello. Ancora oggi in molte zone
della Calabria la tradizione non ha mai smesso di essere
perpetrata, ed ancora oggi, quella di cucinare la pasta con i ceci ed offrirla
alla comunità, in ricordo di quando lo si faceva per i poveri,
offrendo loro un pasto caldo e nutriente, è sempre attuale. A Pizzo
Calabro però la tradizione della pasta e ceci si svolge la Vigilia di San
Giuseppe, il 18! Qui però il piatto caldo viene distribuito ai fedeli
dall’ Arciconfraternita del Santissimo nome di Maria, meglio conosciuta come
chiesa di San Sebastiano. Questo, per i Napitini è davvero un rito
irrinunciabile. Già la sera del 17 i confratelli capeggiati dal priore mettono
a mollo i ceci e la mattina del 18
inizia la cottura, dopo la messa che si svolge in mattinata il parroco
benedice quella pasta e viene offerta ai
fedeli, il popolo festante si mette in fila con le loro pentole per portare via
il cibo fumante e benedetto. Il contenuto viene diviso con la famiglia o sul
posto venendosi così a formare davanti alla chiesa e lungo la strada che la
costeggia comunelle di persone che non disdegnano di accompagnare la prelibata
pietanza con un buon bicchiere di vino. Si tratta di una forma di agape molto
suggestiva da vivere insieme nel rispetto della tradizione e della devozione a
san Giuseppe.
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