Terremoto 8 marzo 1832 i paesi del Marchesato di Crotone in ginocchio, lo Stato rispose con calma.



di Maria Lombardo



Nelle scorse settimane ho portato all’attenzione del grande pubblico un evento sismico calabrese poco conosciuto: il “tremuoto di Cutro” che coinvolse molte zone del Crotonese e del Catanzarese. Oggi intendo parlarvi di come rispose lo Stato Borbonico! Riporto una lettera datata 7 aprile 1833 nulla si era mosso dopo 12 mesi:
 “ Signore, con dolore le rappresentiamo che il terribile tremuoto si è fatto sentire con le sue scosse ieri sera ad un’ora circa di giorno e la scorsa notte. Le case de’ danneggiati anteriori son rese inabitabili; le non danneggiate son ora lesionate. Fra le prime quella di Saverio Gigliotti e Maria Amoroso caddero per terra interamente restando vittima nella prima un suo figlio e gravemente feriti la moglie e una figlia. Questo funesto accidente avvenne nell’atto che una forte pioggia fece cadere in grande abbondanza acqua sulla terra in modo che obbligò tutti ad abbandonare gli abituri provvisori. Oltre a ciò,  la morte stentata avvenuta giorni addietro di Maria Salerno, moglie di Francesco Peronace per il disagio e il freddo sofferto a causa di non avere potuto abitare la propria casa e di non vedere nessun soccorso per ripristinare i fabbricati cadenti, non falla più sentire le continue nostre insistenze di non abitare nel pericolo,  giudicando meno penosa la morte sollecita che la stentata, quasi per atto di disperazione. Noi ci facciamo il doveroso incarico di raccomandare di nuovo alla di lei clemenza le sventure di questi poveri danneggiati e per i soccorsi e segnatamente la posizione funesta di questa chiesa matrice ridotta nello stato di mettere paura al più intrepido uomo.”
Era una delle tante missive che veniva inviata dai sindaci o altre figure deputate all’Intendente di Calabria Ultra. Andiamo però a qualche dato storico! Al governo c’era Ferdinando II i suoi primi anni di Regno furono tutto sommato felici. Anche se non mancavano gli squilibri e le ataviche ingiustizie sociali che gravavano sulle classi meno abbienti e sulla povera gente provocate anche dall’avidità dei baroni. Il modello di sviluppo, forse un po’ lento, ma sicuro e solido! Torniamo però a quella notte 11 lunghissimi secondi in pochi istanti decine e decine di abitazioni di Cutro, Crotone, Petilia Policastro, Mesoraca, Zinga, Santa Severina, Scandale, Caccuri, Castelle e altri centri della zona crollarono al suolo seppellendo sotto le macerie centinaia di morti. Stessa sorte per altri centri come Catanzaro e paesi ancora più lontani. Chi si salvò scappò fuori casa ed all’alba a mani nude cominciò a scavare nelle macerie.  La conta dei morti è impressionante!
 I danni sono ingentissimi. Cutro, il paese che conta più vittime, appare anche il più disastrato. Quasi tutto l’abitato è distrutto o gravemente danneggiato; sono crollati la Torre dell’orologio, la Chiesa collegiata dell’Annunziata, quasi tutte le altre chiese e numerosi monumenti. A Crotone gli edifici danneggiati sono ben 677. Tra questi molti edifici pubblici come quello del Giudicato d’Istruzione, l’ufficio del Giudice Regio, della Gendarmeria, della Cancelleria comunale. Analoga situazione a Catanzaro dove crolla il Regio Liceo e subiscono gravi danni anche l’Intendenza e l’Ospedale civile.  A Santa Severina crolli e lesioni interessano 56 fabbricati, ma la situazione è grave in tutti i paesi. In un primo momento la Corona stanziò un primo stanziamento di 2.000 ducati e, poco dopo, un secondo di 8.000 ducati destinati ai primi soccorsi e affidati all’Intendenza per l’acquisto di viveri, medicinali e per il fitto di locali per il ricovero dei senza tetto. Nominò una Commissione con sede a Catanzaro su tutti vigliava il Ministro dell’Interno Nicola Santangelo. Fu lui a lanciare anche una “Sottoscrizione volontaria a favore de’ poveri danneggiati da’ tremuoti nelle Calabrie” le cui offerte, che si aggiungevano agli stanziamenti della Corona, furono gestite da una Commissione presieduta dal Segretario di Stato Giuseppe Onorato Gaetani e della quale facevano parte il cappellano maggiore mons. Gravina, il principe di Satriano Carlo Filangieri, il marchese Taccone, don Enrico Gagliardi e il barone Alfonso Barracco.  Gli inghippi successero dopo, le gelosie erano in testa ed alla fine vennero edificate baracche per i senza tetto per chiese ed uffici. L’ingegner Bausan di Napoli ricostruì i centri ma con l’assenza dei rudimenti di ingegneria e di sismica come favoleggiano i neomeridionalisti così il Bausan scrive il  19 ottobre 1832 (a solo sette mesi dalla scossa) nella quale il suo subordinato comunicava di essersi recato a Cutro e di avere “trovato molte case terminate di rustico, altre quasi in fine ed altre appena sorgono dalle fondamenta in modo che nell’insieme il novello Cutro incomincia ad ergere la sua fronte. Con mio sconcerto, aggiungeva il Sassone, però ho marcato alcuni scontenti relativi alla disposizione de’ vani delle case matte, nel mentre che a viva voce e con disegni all’uopo e con uffici diretti a questa Commissione, avevo fin da molto tempo dietro il tutto stabilito. Avendone tenuto anche a Lei informata, ho cercato col massimo rigore rimettere tali inconvenienti.” Quindi, dopo aver espresso nuove lamentele, l’ingegnere Bausan concludeva: “Da esso rileverà che a nulla valgono le istruzioni e i dettami dell’arte per evitare i sconcerti nel novello fabbricato. I pregiudizi e l’ostinata consuetudine la vincono sopra tutto, senza il rigore” per concludere sdegnato la sua requisitoria contro i cutresi: “Se ciò è per Ella ugualmente che per me importante, La prego a compiacersi al più presto dare i suoi venerandi ordini all’oggetto, altrimenti, riconoscendo nulla l’assistenza e la cura dell’uomo dell’arte, io e il signor Sassone cesseremo da ulteriormente occuparci di simili cose.” Ma vi erano anche casi di motivi futili un prete che nel Crotonese  ostacola la ricostruzione della chiesa probabilmente perché non vuole cacciare di tasca sua 10 ducati da aggiungere ai 20 stanziati dal governo.  Sarà necessario un intervento energico dell’Intendente con la minaccia di inviargli “tre piantoni a suo carico ” poi le difficoltà del legname della Sila senza strade e innevata.Poi i peccatucci veniali degli Intendenti borbonici che usavano mezzucci in nome della povera gente. Nonostante i finanziamenti esigui, la carenza di manodopera, la testardaggine delle popolazioni, gli strumenti e le attrezzature del tempo, lo sciame sismico che si protrasse per più di un anno,  la ricostruzione fu generalmente completata in meno di tre anni con una spesa di 17.000 ducati.

  


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