Agesilao Milano l’arbereshe di Calabria che attentò alla vita di Ferdinando II di Borbone.



di Maria Lombardo



Si parla davvero poco anche in ambienti neomeridionalisti di Agesilao Milano il calabro-albanofono che attenta fallendo la vita di Ferdinando II. Il Regno delle Due Sicilie, il più popoloso dell’Italia dell’epoca, viveva una stagione contraddittoria caratterizzata da uno sviluppo economico a “macchia di leopardo”: a piccole realtà industriali, che andavano oltre gli standard europei, si affiancavano intere aree arretratissime dove i rapporti di lavoro e di produzione erano fermi al medioevo.A ciò bisogna aggiungere la totale mancanza di libertà di espressione che veniva repressa da un apparato poliziesco capillare e feroce che si avvaleva dell’appoggio dell’esercito e, in particolare, dei reparti mercenari di soldati svizzeri. Per quanto riguarda gli Albanesi, residenti nel Regno dalla metà del XV sec., occorre sottolineare che la loro indole era poco incline alle vessazioni che subivano da secoli da parte di feudatari laici ed ecclesiastici. La borghesia terriera Arbereshe si era adeguata alla politica protezionistica del Regno delle due Sicilie divenendo "movimento", ma cospirava con la classe degli intellettuali.Questo breve inciso la dice tutta ai meridionalisti! Le idee di democrazia, socialismo e anarchia non preconcetta, fermentavano, agli inizi del XIX secolo, nel calderone degli Italo Abanesi, che posto sul focolaio del San Adriano, nel suo convulso ribollire, emise inquiete ed eroiche sostanze. Durante e dopo la restaurazione borbonica, Aderirono, come registi dietro le quinte, ai moti del '20, '21 e del '44, ma quando Ferdinando II ricusò la Costituzione del '48 e Carlo Alberto mantenne lo Statuto, la natura del "movimento" divenne sovversiva.La famiglia Milano era integralmente liberista.Chi era Agesilao Milano? Di famiglia benestante da parte materna studiò  nel Collegio Italo Greco Albanese di San Adriano dove strinse fraterna amicizia con Attanasio Dramis di San Giorgio Albanese e Antonio Nocito di Spezzano Albanese.
Qualche anno più tardi fu espulso dallo stesso Collegio per cattiva condotta. Nel 1848 partecipò ai moti calabresi, dove grande fu la rappresentanza ed il valore degli Italo Albanesi. Resosi colpevole per quei fatti venne amnistiato nel 1852. Fu spesso e volentieri accusato e giudicato per attività diretta a sovvertire l'ordine dello Stato.Il 20 dicembre del 1855, però,  gli venne assegnato il domicilio forzoso in Cosenza.
Inspiegabilmente, per i reati precedentemente commessi contro lo Stato,  venne nel gennaio del 1856 sorteggiato, al posto del fratello Ambrogio,  nelle liste di leva. Arruolatosi venne configurato nel 3° reggimento Cacciatori di stanza a Napoli e durante la sua permanenza nella capitale ebbe sempre modo di vedersi con i suoi conterranei, Angelo Nocito, Giovanbattista Falcone ed Achille Frascino, magistrato repubblicano di Firmo.
Molti furono gli incontri a cui partecipò in casa del Nocito e del Frascino. Il De Cesare storico borbonico lo descrive attivo come le sue idee che si allargararono. Andiamo ai fatti che lo lasciarono alla storia!
La mattina dell'otto dicembre del 1856, ricorrendo la festa della Immacolata Concezione, Ferdinando II unitamente alla famiglia, recò al Campo di Marte in forma ufficiale e solenne. Dopo la celebrazione delle Sacre Funzioni, il re con la famiglia assistettero alla parata militare a loro organizzata, quando dal 3° battaglione cacciatori fuoriscì improvvisamente un milite che con veemenza impugnando un fucile dotato di baionetta lo puntò al petto del monarca. Il regicidio non fu consumato, lo stesso Milano subitaneamente fu arrestato e condotto nella gendarmeria di Ferrantina. L'attentatore venne identificato nella persona del soldato Agesilao Milano, Italo Albanese di Calabria, di anni 26, di civile condizione; giovane, di statura media, poco incline al sorriso. Il Milano venne condannato a morte ed i giornali ovviamente organi dello Stato lo diedero per computo.
Lo storico D. Capecelatro Gaudioso, ritiene che il Milano fu un esaltato al servizio di interessi che miravano ad eliminare la monarchia borbonica, e il suo attentato ebbe la complicità perfino di alti ufficiali come Alessandro Nuziante, aiutante di campo di Ferdinando II, d'altra parte, Raffaele De Cesare, descrive il Milano come un allucinato, con una volontà di ferro, dal carattere chiuso:" Uno spirito esaltato, che sapeva dominarsi e dissimulare; repubblicano e antidinastico; saturo fino all'inverosimile delle concezioni mazziniane, che avevano, per il loro contenuto, fatto presa sul suo animo pervaso, tra l'altro di un misticismo da esaltato."


Bibliografia essenziale: Raffaele De Cesare, La fine di un Regno, Capone Editore & Edizioni del Grifo, Lecce 2005;
D. Capecelatro Gaudioso, L'attentato a Ferdinando II di Borbone, Edizioni del Delfino, Napoli 19.

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