In Calabria è l’ora dello sciroppo “d’amura i celzu”
di Maria Lombardo
Buonissime more di gelso, bianche o nere a voi la scelta!
Da noi ‘a mura, dal latino morus, frutti del morus celsa cioè
moro alto, sono le more per eccellenza da non confondere con ‘a mura ‘i
ruvetta . La Calabria abbonda di questo frutto antico e dolcissimo,
ricche di calcio, ferro, zinco, vitamine
B2, C e K per una triplice azione antiossidante. Inoltre la medicina popolare
ne faceva largo uso. L’albero di gelso era già conosciuto dai Greci, per i
quali era una pianta consacrata al dio Pan e simboleggiava intelligenza e
passione. Fu ai piedi di questa pianta che Ovidio nelle sue Metamorfosi chiude
il dramma di Tisbe e Piramo. Contrastati dai parenti, i giovani si incontravano
segretamente ma Tisbe un giorno fu creduta morta da Piramo, che alla notizia si
uccise e Tisbe a sua volta morì di dolore. I Romani poi ne erano ghiotti facevano
persino il vinum moratum. Plinio il
vecchio definiva il gelso sapientissima arborum, il più saggio degli
alberi perché è l’ultimo che con pazienza attende che l’inverno sia davvero
finito per emettere il fogliame. Non si può poi non rammentare la seta legata a
questo albero cioè che il prezioso filato era prodotto dai bachi che si
nutrivano di foglie di gelso. Da Costantinopoli all’Italia il passo fu breve e
da allora si diffuse da noi anche il morus alba, sostentamento dei bachi
da seta, la cui produzione ebbe nei secoli successivi fino all’Ottocento un
grande ruolo nell’economia della Calabria. Bando alle notizie storiche in calce
le massaie calabresi preparano un goloso
e benefico sciroppo d’amura, secondo un’antica ricetta calabrese.
INGREDIENTI
2 kg di more di gelso grandi e succose
zucchero q.b
scorza di limone
2 kg di more di gelso grandi e succose
zucchero q.b
scorza di limone
PREPARAZIONE
Lavate le more sotto l’acqua corrente, tamponatele con un telo e lasciatele asciugare all’aria per qualche ora. Mettetele in una ciotola, schiacciatele prima con un forchetta e poi frullate con il mixer o con un passaverdure, azione che un tempo veniva effettuata passando le more con u crivu, cioè al setaccio.
Lavate le more sotto l’acqua corrente, tamponatele con un telo e lasciatele asciugare all’aria per qualche ora. Mettetele in una ciotola, schiacciatele prima con un forchetta e poi frullate con il mixer o con un passaverdure, azione che un tempo veniva effettuata passando le more con u crivu, cioè al setaccio.
Filtrate ora le more aiutandovi con un colino a maglie
molto strette, schiacciando il composto e lasciandovelo a lungo per estrarre
più succo possibile.
Ora pesate il liquido, mettetelo in una pentola insieme
allo zucchero dello stesso peso del succo di gelso e a una bella striscia di
scorza di limone, portate ad ebollizione e fate cuocere a fiamma bassa
mescolando per 15 minuti.
Lasciate raffreddare, togliete la scorza e versate in
bottiglie o barattoli a chiusura ermetica sterilizzati precedentemente che
potrete conservare un frigo oppure, per una conserva più duratura, farete
bollire ben chiusi per un’altra mezz’oretta.
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