Sapete che Anna Magnani potrebbe avere sangue calabrese? Il padre era di Tropea (VV)
di Maria Lombardo
Che la vita della
grande attrice Romana che vinse fior fiore di premi tra cui l’Oscar con
il film la Rosa Tatuata nel ’56, fosse ammantato di mistero non è una novità.
Ma sapere che l’attrice avesse sangue calabrese ci rende orgogliosi. Renderà più orgogliosi i Tropeani che possono
vantarsi anche di questo! Scomparsa nel 1973, Magnani era nata a Roma il 7
marzo 1908, da Marina Magnani, una
sarta originaria della Romagna. Sconosciuto, invece, il padre. Ed ecco che da
adulta la stessa attrice vuole scoprire di più sulle sue origini ma furono le
zie ad informarla che il padre avesse origini vibonesi, il cognome del
papà, che non ha mai conosciuto, era Del Duce e ad un giornalista che in un’intervista le chiese al riguardo,
rispose, con la sua abituale ironia, di essersi fermata nelle indagini
perché non voleva si dicesse che fosse "la figlia del
Duce". Lei, il cinema italiano la figura apicale
del neorealismo ha rifiutato di indagare oltre!
Diversi studi condotti su queste origini, come quelle effettuate dal giovane
Matteo Persico, portano alla cittadina di Tropea; pare infatti che il padre
della grandissima artista sia stato un tropeano, e qui molti parenti ne hanno
il ricordo, anche se nulla di ufficiale può darne certezza. Se così fosse
Tropea potrebbe fregiarsi dell’onore di aver dato i natali a due dei maggiori
rappresentanti del neorealismo italiano, la Magnani appunto, e Raf Vallone,
icone della cinematografia nazionale e mondiale. I due, che si ritrovarono a
lavorare insieme nel film diretto da Alessandrini, marito della Magnani,
“Camicie rosse” forse non ebbero mai contezza della loro vicinanza d’origini,
trovandosi a condividere un set tutto made in Tropea. "La calabresità verace", la
Magnani, in un certo qual modo e forse inconsapevolmente, l’ha sempre
rappresentata in tutta la sua forza espressiva, basta ricordare il ruolo di
“Sor Pina” in “Roma città aperta”, storia magistralmente diretta da Rossellini
e che proprio della storia di una donna calabrese raccontava, quella Teresa
Gullace di Cittanova caduta sotto il fuoco nazista, immortalata nella famosissima
scena della corsa verso il camioncino che avrebbe portato via l’amore di una
vita.
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