Sapevate che anche i Borbone usarono i metodi “Piemontesi”contro i briganti?



di Maria Lombardo



Per mano borbonica tra il 1847-1852 furono “ tolti di mezzo, morti o arrestati, un migliaio di briganti”- cita così lo studioso e storico Enzo Ciconte, si può benissimo dedurre che in periodo Borbonico le Calabrie fossero infestate dai briganti e che lo furono di meno dopo l’Unità (consultate l’articolo su questo blog sull’Inchiesta Massari). Dopo il ’48 il governo di Napoli decise di affidare a vari “uomini forti” del Regno il compito di combattere il brigantaggio, soprattutto a militari. E munito di pieni poteri giunge il marchese Ferdinando Nunziante.Fu proclamato lo stato d’assedio in Calabria Citra e Ultra seconda, mentre a Cosenza si insediava un consiglio di guerra con lo scopo di giudicare i briganti con rito sommario. Un enorme dispiegamento di uomini e forze finirono alla forca  107 briganti, tra uccisi e catturati e all’arresto di ben 180 parenti degli stessi briganti. Questo per iniziare! L’arresto dei parenti dei briganti faceva parte delle misure eccezionali che il Marchese Ferdinando Nunziante chiese ed ottenne dal governo borbonico. Nunziante credeva ed era convinto che il fenomeno non dipendesse da fame e povertà ma da indole prava e rapace. Furono 5 anni di Stato d’assedio
e portò all’eliminazione, tra morti ed arrestati, di ben un migliaio di briganti. Il Regno visse, a tal riguardo, una tregua fino a quando dovette combattere sempre in Calabria , nel 1856, le bande di Giuseppe Guzzo di Miglierina e di Pietro Scalise di Serrastretta. Dopo Nunziante fu catapultato il generale Gaetano Afan de Rivera. La scelta del governo di affidare a de Rivera il compito di eliminare anche tali briganti era dettata anche dalla motivazione che il generale facesse parte di quella schiera di uomini forti del Regno, il quale pretendeva una legislazione speciale. Era la “missione straordinaria”,  prevedeva la misura di sorveglianza sui possidenti “onde vedere se abbiano relazione con i malfattori” e in caso positivo riferire all’intendente Leonardo Morelli.
Tale decisione si motivava con la considerazione che “i malfattori non attaccano mai i grandi proprietari”, mentre i “loro attentati sono diretti contro quelli che posseggono piccole fortune”. Si pensò persino che
 i possidenti calabresi aiutavano i briganti e di ciò ne erano a conoscenza tutti. I parenti dei briganti tutti arrestati, misura che si rivelò efficace. I Borbone non andarono per il sottile inimicandosi i Calabresi, e il 18 ottobre del 1859 il generale Afan de Rivera cedette il posto al brigadiere Emanuele Caracciolo di San Vito.




Bibliografia:
Enzo Ciconte- Banditi e briganti- Rivolta continua dal cinquecento all'ottocento- Rubettino- 2011



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