Le “Perle” di saggezza dei monaci bizantini: L'Amaro bizantino


 di Maria Lombardo

La vera Perla di Calabria è in bottiglia e racconta, sorso dopo sorso, un territorio e una storia antichissima. Dici Calabria e la mente viaggia nel tempo. Per alcuni sono retaggi, come se essere eredità della Magna Grecia fosse roba di poco conto. Eppure non c’è futuro senza passato: “Perla di Calabria” lo sa e ha investito sulla tradizione. È il 2019 quando Vincenzo La Pietra, imprenditore rossanese (siamo in provincia di Cosenza), inaugura il liquorificio che, oltre ad un brand, vuole farsi progetto culturale e territoriale promuovendo il turismo esperienziale. È qui che nasce l’Amaro Bizantino, dalla ricetta segreta – non per l’azienda! – dei monaci bizantini che già utilizzavano le erbe spontanee per fini terapeutici o per integrare l’alimentazione delle comunità. Se pensiamo che l’ammazzacaffè sia un fatto delle nostre generazioni ci sbagliamo perché già in tempi lontanissimi certe erbe venivano fatte macerare proprio perché alcuni principi vegetali si estraggono al meglio con l’alcol e non con l’acqua. In tal modo si ottenevano bevande ed elisir pensati, innanzitutto, come curativi. A qualcuno, però, venne in mente di migliorarne il sapore e renderli da degustazione: l’abito non farà il monaco ma allora i monaci diedero una nuova veste a questi infusi tramandando le ricette. Ma da dove provenivano? Dioscoride Pedanio, medico al tempo di Nerone, scrisse quello che sarebbe diventato il primo trattato di medicina erboristica. Quattro secoli dopo, nel 512, il popolo di Costantinopoli fece dono alla principessa Anicia Giuliana di una copia dell’opera in segno di gratitudine per aver costruito una chiesa cristiana. È il primo erbario illustrato della storia, lo stesso giunto fino alla terra del Codex Purpureus e del Patìr grazie a quei monaci esperti di erbe. Non conosciamo gli ingredienti ma quel che è certo è che le erbe sono di Rossano e, come per tutti gli altri prodotti dell’azienda, non si fa uso di coloranti o conservanti: è tutto artigianale quello che luccica e viene lavorato nel rispetto della genuinità dei sapori di una volta.Il piacere sarà pure profano ma nei prodotti Perla di Calabria si cela qualcosa di sacro: le “etichette parlanti”, infatti, sono un omaggio alla Madonna Achiropita protettrice di Rossano e all’Abbazia di Santa Maria del Patìr, gioiello del territorio: al centro tra le due aree urbane, la chiesa è immersa tra i boschi dell’ultimo lembo della Sila Greca a ridosso dell’oasi naturalistica dei Giganti di Cozzo del Pesco e si affaccia sulla piana di Sibari e sullo Jonio. L’antica icona della Madonna dipinta da mano non umana e l’Abbazia campeggiano su mousse e liquori che raccontano il lato più profumato di questa terra. Finocchietto bruzio, liquirizia, melone, limone, mandorla e mandarino: perle di un filo che, a seguirne la scia, porta dritto in Calabria, in un paese della costa jonica lambito dal mare dove di amaro c’è solo il liquore.


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