La rivolta di Oriolo (CS) del 1647


 

di Maria Lombardo 


Si narra che ai tempi dello Imperatore Filippo IV d'Asburgo-Spagna, durante il periodo del vicerè Rodriguez Ponz de Leon, duca d’Arcos, gli abitanti di Oriolo, stremati da continui balzelli e tasse per sostenere economicamente le guerre degli spagnoli, decisero di ribellarsi, seguendo l’onda delle rivolte che si erano generate in tutto il Regno di Napoli, sull’eco di quella capitanata da Masaniello. In quel frangente, il 13 dicembre del 1647 il marchese Alessandro Pignone del Carretto, feudatario di quei luoghi, fu costretto a rifugiarsi, nel suo castello insieme ad Ettore Terranova, Francesco e Geronimo La Marra. Con essi c’era anche Anselmo dei Pucci di Amendolara ed una squadra di otto soldati calabresi reclutati dal marchese, per  maggior difesa, quattro mesi prima. Il Castello, trovandosi al centro della sommossa, venne assediato. I rivoltosi allestirono dei posti di guardia nei punti strategici del territorio circostante in modo che, il Marchese non potesse uscire, ed allontanarsi altrove. Poi, ingaggiarono battaglia  a colpi d’archibugio con quelli asserragliati nel castello Castello. Inoltre s'adattarono, i Popolani, a prendere per loro sicura postazione il Campanile della Chiesa, che si elevava giusto all'altezza delle finestre del Castello. Ridicola fu la proposta di ridurre al suolo il Castello con una grossa mina dalla parte di Belvedere, quando si resero conto che essendo tutto eretto in viva roccia, neanche l'intero esercito di Serse, avrebbe potuto intaccare quelle solide mura o cavare una minima parte alla base del piccolo maniero. A risolvere il problema ci pensò lo stesso Marchese  il quale, forse convinto che era inutile resistere con le esigue forze alla furia dei più numerosi plebei, decise, sia pure a mala voglia, di capitolare la sua resa. Postosi in vista sugli spalti propose un patto che includeva la cessazione delle ostilità. Si sarebbe volentieri arreso e sottoposto ad ogni loro volere purchè a sé, ed a suoi non fosse fatto alcun  male. Gli assedianti accettarono la proposta concedendo una tregua in attesa del mantenimento della promessa. E il patto di capitolazione venne rispettato. Una mattina si videro uscire dal castello il marchese, la moglie e  i figli. Gli altri che furono presi in ostaggio, probabilmente poco dopo furono lasciati liberi . Il marchese e i suoi familiari invece, furono condotti in una stanza stabilita dove soffrirono di inappetenza scomodamente seduti ad una  nuda tavola sgangherata su vecchie sedie di legno, costretti ad udire le chiassose stravaganze di quei rozzi Villani Scarponari e Coppoloni che gozzovigliavano calpestando le poltrone di velluto, crapulando in laute mense al ricco desco marchesale, e facendo brindisi alla conquistata libertà. Ma la pacchia non durò a lungo. Ben presto fu ripristinato l’ordine e i signori Pignone ritornarono ad essere i padroni stabili e rimasero ad Oriolo nel loro castello.


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