Reali Ferriere del Reggino coeva a Mongiana: Arangea.
di Maria Lombardo
Di questa testimonianza si deve ringraziare il prof Orlando Sorgonà il
quale per primo ha ricercato e portato notizie sulle Reali Ferriere del
Reggino. La “ corsa all’argento” interessò il territorio di Arangea nel Reggino
purtroppo oggi rimane solo qualche toponimo a dare testimonianza di quel
passato. A riguardo i toponomini, uno è quello identificato come l’Argenteria,
un’area collinare, ubicata lungo il corso della fiumara del Valanidi, dove
vennero realizzate delle gallerie, da parte di operai specializzati,
provenienti dalla Sassonia, per l’estrazione dell’argento e testimonianza di
quanto detto è un importante e prezioso reperto custodito presso il piccolo
museo San Paolo di Reggio Calabria. Si tratta, di un voto indirizzato a Dio, da
parte di Carlo III di Borbone e della sovrana Amalia, come segno augurante per
le attività estrattive, e sul retro di questo manufatto, un piatto rotondo,
usato durante le celebrazioni religiose, su cui veniva poggiato il calice (del
quale non vi sono tracce) e sul cui retro si trova incisa la seguente
iscrizione: «Primitiae Dea a Carolo isp. Imp. Et Amalia Poloniae et Sax. Utique
Siciliane dominantibus, ex oenofodinis. 1750». Due erano gli edifici adibiti
alla lavorazione in cui erano stipati fornelli, macchine, e due laviere.
All’esterno era posizionata la fucina, 4 forni due per purificare il metallo e
due per triturarlo. L’argento veniva estratto anche nelle zone di Bagaladi e
San Lorenzo, dove erano ubicate cinque miniere, mentre altre zone di scavo si
trovavano in contrada Cerasino, mentre una galena di piombo venne ritrovata nel
1755 a Rosalì, dove vennero aperte tre piccole gallerie e la cui estrazione
venne effettuata per un breve periodo, a causa del suo esaurimento. Ed anche
questo argento confluiva ad Arangea per essere lavorato. Bisogna spiegare anche
che dalla vicina Sicilia giungevano carichi di minerale per essere trasformato.
Su volere di Carlo III, il vicerè di Sicilia visitarono lo stabilimento per ben
tre giorni. Dagli studi del Cortese in “Descrizione geografica della Calabria”
si evince che nella zona di Trunca vennero realizzate delle gallerie
strettissime, simili a quelle della valle Aurina in Alto Adige, dove si
estraeva del rame di buona qualità; mentre altri scavi vennero effettuati nelle
zone di Santa Trada, S.Aniceto, Montebello e nella zona di Condofuri.
Ovviamente lo si decise di provvedere
alla fondazione di un piccolo villaggio che sorgeva vicino allo stabile. Abitato
da operai, minatori, militari e tecnici. Secondo le cronache del tempo le unità
lavorative che insistevano sul luogo superavano le 700 unità,che nel corso
degli anni daranno vita al popoloso quartiere, che a tutt’oggi ne conserva la
toponomastica: Arangea. Ma le Ferriere di Arangea estraevano 4 tipi di
minerale: secondo le cronache del tempo le unità lavorative che insistevano sul
luogo superavano le 700 unità,che nel corso degli anni daranno vita al popoloso
quartiere, che a tutt’oggi ne conserva la toponomastica: Arangea. La Ferriera
di Arangea lavorava ed estraeva ben 4 tipi di minerale: il rame, il piombo, il
ferro e l’argento. Il materiale estratto veniva portato fuori dai cunicoli in
panieri per poi permettere agli animali asini e cavalli il trasporto fino
all’Opificio. Ubicata però in una postazione sensibile alle alluvioni
l’opificio venne molte volte inondato clima et natura presero il sopravvento.
Nel 1783 successe che il sisma che si scatenò proprio nel Reggino sbriciolò
l’opificio irreparabilmente. Ed ancora in una nota informativa del 1823 il
Melograni ebbe a riportare a riguardo il Valanidi che «… lo scavo principale
era il cunicolo della Stroffa, che ora è tutto sepolto e riempito dalla
fiumara, il cui letto è salito tanto che ha coverto la cima del cunicolo …» E
nel 1870 i ruderi rimasti vennero abbattuti su commissione di Filippo Foti che
ne salvò solo la casina. Tante però le cronache del periodo Borbonico che né
danno testimonianza fu però un naturalista che cercò di studiare l’Argentiera in
toto e descrisse così i cunicoli che visitò:” questa galleria mostra a destra e
sinistra le tracce del lavoro”. Anche i funzionari del Re lasciarono
testimonianza nel 1817 Pietro Pulli dice:”grandi massi di miniere di rame, con
ferro e matrice quarzosa” vi erano a San Lorenzo. La fortuna mineraria del
Reggino si esaurì presto durò solo un ventennio a causa come detto in calce dei
colpi inferti dalla natura e poi dai costi del lavoro. Fu poi il Marchese
Nunziante uomo di valore imprenditoriale che chiese al Re Ferdinando II di
poter scavare all’Arangea ma con scarsi risultati. Oggi gli agrumeti e
l’edilizia hanno fatto dimenticare quel passato industriale. Eh niente nemmeno questa realtà Garibaldi ed i Piemontesi smontarono e portarono via.
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