Calanna (RC): Cappadocia calabrese
di Maria Lombardo
Mi sono già occupata di Calanna
in questo blog come in altri per presentarvi il buonissimo pane che nel borgo
si produce da secoli. Oggi voglio parlarvi di un posto sconosciuto tanto quanto
inedito posto che vale almeno una visita. I “tafoni”
di Calanna sto parlando di loro! In realtà sono singolari formazioni di
arenaria plasmate dalla natura e che somigliano molto ai luoghi della
Cappadocia. In quelle formazioni di arenaria sono conservati fossili e resti di
ere molto lontane. Formazioni davvero
singolari che sono un vero unicum per la Calabria. La formazione di questo
centro risale all’età
protostorica ed oggi conta solo 1000 anime. Non a caso durante gli anni ’50 venne trovata una necropoli dell’età del ferro in contrada Ronzo, 10 tombe a grotti cella per
scheletri in posizione fetale. Oggi rimane ben poco! Inoltre si può ammirare il Museo Archeologico Comunale di Calanna.
Le due sale del museo sono ben strutturati si può comprendere le usanze funebri delle popolazioni d’età
protostorica, oltre che di “seguire” gli scavi iniziati nel 1953; la seconda,
multimediale, è un vero e proprio scorcio sulla memoria storica di Calanna. Qui
sono custoditi due
reperti di origine bizantina, rinvenuti nella necropoli
scoperta nel 1920 in contrada Marchese, un territorio impervio idealmente
localizzabile al centro del triangolo formato da Calanna e le frazioni di
Mulini e Rosaniti. Il più importante, che faceva parte di un corredo funebre
ormai disperso, è una croce
pettorale in bronzo, “enkolpion”, con incisa la Madonna del Bambino,
oggetto che si portava in ricordo di un pellegrinaggio. L’altro reperto è
un amuleto in pietra dal colore
verdino, la steatite, che raffigura S. Giorgio scolpito a
bassorilievo. Nella Cappadocia calabrese non può mancare una visita al
castello, il panorama dominato dai resti
della fortezza normanna,
realizzata su probabili resti bizantini e che rivestì un importante ruolo
militare nel controllo dell’area dello Stretto di Messina e la vallata del
Gallico. Disseminate sulla collina che sorge alle spalle del centro museale è
possibile scorgere le fornaci per la lavorazione di calce e argilla.
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