Il garibaldino Don Achille Fazzari da sarto a imprenditore.


di Maria Lombardo



 Nel mondo del meridionalismo il nome Achille Fazzari è sinonimo di furbacchione ma con nomignoli molto coloriti da parte dei lettori del noto Giuseppe Aprile detto Pino che nel suo Terroni senza dare spiegazioni sicure chiosa che il Fazzari acquistò per 50.000 lire l'ex opificio di Mongiana. Sicuramente prima di affermare queste conclusioni è chiaro che di ricerche sicure non ne fece affatto.Ma le cose andarono davvero come ha scritto il giornalista Pugliese?. Achille Fazzari era un semplice e squattrinato sarto, che assieme al padre partì per l'America in cerca di fortuna e dopo aver saggiato le carceri borboniche motivo tra i più palesi che lo portarono a marciare contro i Borbone, diventa il battistrada del generale Sirtori alla colonna Garcea che li introduce a Mongiana. Inerpicandosi da Pizzo verso le Serre, Achille accerchia con i suoi compagni 1.370 camicie rosse la Fonderia Regia la mattina del 27 Agosto 1860. Diventa intimo dei due figli di Garibaldi Menotti e Riciotti di lui coetanei e poi si avvicina sempre più a Peppino. Non mancano le leggende su questo personaggio Brunello De Stefano Manno nel libro La Fabbrica di cellulosa ( Serra San Bruno) a pag 17 cita:” Durante (…) della battaglia del Volturno iniziata a vantaggio dei borbonici (..) Fazzari avrebbe catturato 100 borbonici, (…) impresa portata a termine con 7 garibaldini armati di sole carabine”. Nel 1867 il Fazzari si unisce nuovamente a Garibaldi per la conquista di Roma ma la sua abilità strategica si conclude a Mentana solo un papalino ha pietà di lui dopo aver ricevuto una scarica di chassepot, Krone lo salva lo cura e rimane poi con lui a Ferdinandea. Nel medesimo libro citato in calce gli autori sostengono che l'agiografia garibaldina lo dipinse come l'Eroe di Montelibretti e fungeva da alter ego di Garibaldi. Inoltre tanto per conoscere in toto il personaggio faccio un salto indietro di due anni, Fazzari a Catanzaro prese a bastonate degli ufficiali che inflissero maltrattamenti ad inermi cittadini. Per questa sventatezza venne arrestato e liberato poi grazie a Garibaldi. Intanto prossimo ad essere Deputato riesce a mettere le mani su un patrimonio immenso tutto il distretto siderurgico di Mongiana. Divenuto ricco al momento dell'acquisto di tutti i beni di Mongiana riesce ad avere perfino un titolo nobiliare. E' cosa nota che Achille avesse il pallino degli affari, in primis acquistò un palazzo a Catanzaro ed iniziò a sfruttare i suoi nuovi possedimenti nelle Serre, fece costruire una teleferica ed una ferrovia per favorire l'esbosco poi si fiondò ad imbottigliare l'acqua Mangiatorella. Tutte queste iniziative fallirono tranne quella con Cino Canzio cioè produrre energia elettrica alla Ferdinandea. La mancanza atavica di strade spinse il governo ad alleviare questi disagi con un traforo a sud di Catanzaro, ad accaparrarsi i lavori fu Fazzari. Si era improvvisato appaltatore! Il suo cantiere era costituito da un numero smisurato di operai prodotti dalle sue liste. Prima di abbozzare lo scavo acquistò per modo di dire da Aracri un fondo rustico, l'appaltatore cita lo Stato mai si era vista una cosa così, famosa l'arringa di Abignete che mi sono premurata di reperire in Il Regno d'Italia resistente contro i Signori Fazzari e Aracri ,aprile 1886 in cui trovo nota:” metterò in guardia i proprietari di mongolfiere di non sorvolare le terre di Fazzari (…) per non essere citati in giudizio ed essere chiamati ai danni”. Dopo questa “bravata” dell'ex garibaldino in occasione delle elezioni si presenta ai catanzaresi con una lettera in cui chiede i voti per lui e non per il democratico Giosuè Carducci, il Fazzari chiedeva la “ conciliazione”. L'ex garibaldino stravinse con 10.000 voti. Per Carducci solo 200!. Senza mezzi termini Achille vuole la conciliazione tra Stato e Chiesa. E' il momento ora di spiegare come fece davvero Fazzari attraverso una giusta bibliografia a diventare ricchissimo. Si è trattato di una truffa architettata a Napoli ai danni di Eugenio Rocca un banchiere della Banca Nazionale Toscana, bastava essere una persona con un nome una bella stretta di mano ed il fortuito passaparola di un principe di Casa Reale. Fu così che Fazzari truffò il Banchiere per la bellezza di seicentomila lire! In quel periodo il Calabrese così elevato per le sue doti bellicose venne coinvolto in prima persona in una sorta di Bancopoli “ante litteram”. Ben 6 istituti bancari intricati, tanto è vero che traggo questa notizia dal libro di M.Della Seta. Gli Istituti di credito, Hoepli, Milano 1925, dove in dettaglio le Banche risultano queste:” Banca Nazionale del Regno, Banca Nazionale di Toscana, Banco di Napoli, Banca di Sicilia e di Roma, dalle cui ceneri nascerà la Banca d'Italia”. La Banca di Roma aveva fatto stampare 27 milioni di lire in banconote false e nascosti nel cavoux. Con rammarico aggiungo che intricati furono molti calabresi il Ministro Luigi Miceli, Giovanni Nicotera, Bernardino Grimaldi e Rocco Zerbi, Achille Fazzari ed il suo sponsor Chimirri Bruno. Altro che la vulgata neo meridionalista dei meridionali non devono più intraprendere la “storia” raccontata da Pino Aprile è letteralmente sconfusionata ed inventata! Torniamo alla storia dopo questo scandalo il Governo si dimette ed a pagare oltre ai nomi citati in calce fu il Palmese De Zerbi che anche nella truffa ai danni di Rocca per mano del Fazzari intascò il 10 % della cifra che ottenne Achille . Ai posteri l'ardua sentenza! Si è potuto quindi appurare ma è cosa nota a tutti, tranne che ai meridionalisti che Achille si arricchì per aver truffato una banca e non con i soldi della Spedizione dei Mille. Con i soldi ottenuti dall'imbroglio di “Bancopoli” Achille nel 1881, mette in marcia o almeno tenta di far ripartire la Fonderia di Mongiana ma il tutto si spense in circa tre mesi. Cominciò da questo fallimento l'emigrazione delle maestranze locali nella nuova Fonderia di Terni ed il fenomeno spiegato in calce durò per tutto il 1884. Si sfata così il mito che la Fonderia di Mongiana che venne smontata e portata a Terni! Subito dopo si è innescato quel fenomeno in larga scala verso le Americhe in 5 anni dalla provincia di Catanzaro partirono 24. 129 artigiani. Un vero salasso per la già tormentata economia catanzarese! Utilizzando le parole di De Stefano e della Pisani Ricercatrice rigorosa ed attenta nel loro libro La Fabbrica di Cellulosa a pag 40 cantano: “ L'Italia dovette difendere questa fonderia introducendo i dazi rinfacciati ai napoletani (…). Le potenze d'Oltralpe Francia ed Inghilterra introducendo i loro prodotti avevano favorito la chiusura delle nostre industrie”. Achille a questo punto è una persona piena di debiti visto che non seppe ne investire e ne gestire i soldi della truffa stava per passare lo scettro di proprietari ai grandi Fabricotti ( e sono sicura che ai meridionalisti nulla dirà il nome Fabricotti infarciti di nozioni pro Mongiana, e disconoscendo che Serra sotto i Fabricotti produsse carta). La sua devastante situazione venne fiutata dal conte Fabricotti che si era interessato di acquistare tutti i terreni di Fazzari, possedendo una cospicua rendita poiché magnate del marmo, acquistò dal Fazzari a scatola chiusa. Prima di spogliarlo del tutto il conte fiorentino propose di intestare i terreni ad una società col Fazzari, però sarebbe stata cura dei periti decidere come assegnarli. Affrontò le clausule del contratto alla “garibaldina” e l'ex sarto venne incastrato nella rete del Fabricotti. Proprio al Fazzari vennero accollati gli oneri maggiori come tracciare le vie lignarie ferrate così citano Morandini G – Giacomelli C., Relazione Peritica sulle foreste di Mongiana, in Arc. Priv. Poletto, SSB, Firenze 1880. I periti avevano persino messo in conto che sul “lato “ di Fabricotti cresceva l'autoctono abies alba appennina il progenitore di tutti gli abeti europei. A quessto punto Fazzari viene convocato a Firenze l'8 luglio 1887 per concludere regolare atto della divisione dei beni. Il nuovo prezzo di tutta la tenuta ammonta a 1.200.000 delle quali: 800.000 per gli immobili, 150.000 per utensili, attrezzi, 20.000 per la merce nel magazzino e 230.000 la liquidazione dei debiti di Achille. Infatti tra Fazzari ed il Fabricotti viene redatta una carta privata per un prezzo di 500.000. Fazzari per l'ennesima volta si fece raggirare ben bene! Le rigogliose foreste al Fabricotti che convertì l'area per la produzione della carta( industria di successo altro che dopo il passaggio di Garibaldi non si lavorò più) al Fazzari restarono le cose ormai inutili miniere e tutto il complesso dell'ex Mongiana. Il Fabricotti spostò così l'asse dalla lavorazione del ferro a quello della carta. Inoltre la sua vena di imprenditore la dimostrò anche nel rifacimento di Palazzo Fazzari distruggendo le antiche mura preesistenti. Poteva competere col Fabricotti?. Ad Achille rimaneva il suo Museo di Ferdinandea e riuscì persino a regalare qualche cimelio garibaldino ai suoi fedeli. A Ferdinando Iorfida suo intimo regalò la “littira”. E' un sonetto vergato su un cartoncino oramai ingiallito con calligrafia ottocentesca. Sonetto scritto da Giuseppe Garibaldi per celebrare l'amicizia col Fazzari e definendo questa amicizia una fortuna! Garibaldi, scrive il 6 febbraio 1880, 3 giorni prima. È una breve lettera in cui attesta, con fervida emozione e commozione, il sentimento di amicizia che il Fazzari gli ha riservato (“L’amicizia che voi mi avete dato in questa solenne circostanza – tante e tante luminose e generose prove – è certamente il più nobile dei sentimenti che onorano l’umana natura…”). Questo documento si intreccia alla vicende autobiografiche che segnano la vita dell’Eroe negli ultimi anni della sua vita. Garibaldi, chiamato a partecipare al sesto centenario dei Vespri siciliani a Palermo nel 1882, durante il suo viaggio, viene ospitato in una villa a Posillipo, che Fazzari gli aveva messo a disposizione e che poi incontra in un’altra residenza estiva a Copanello (marzo), questa volta in Calabria, dello stesso amico, durante il suo itinerario in treno che lo porta prima a Reggio Calabria e poi a Palermo per la celebrazione dei Vespri siciliani. Al ritorno – conclude - le sue condizioni di salute si aggravano, e infine il 2 giugno Garibaldi si spegne a Caprera».

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