Storie da “braciere” calabresi: La leggenda della gallina dalle uova d’oro
di Maria Lombardo
Quando in Calabria le temperature scendevano drasticamente un pò come in questo periodo, non vi era nessuna alternativa per riscaldarsi, le case erano umili pochi mobili e suppellettili. Un miraggio i termosifoni, le stufe a pellet ed i termocamini l’unica, alternativa era il braciere che tra l’altro era un elemento fondamentale della dote delle giovinette. Il braciere oggi è in disuso ma fino a non molto tempo fa vi erano degli irriducibili “di carvuna” erano i vecchietti legati alla vita parca e tradizionale. Questo tondo recipiente in ottone, rame o ferro fungeva anche da intrattenimento a grandi e piccini, le mamme ricamavano ed i piccoli si raccontavano leggende e miti. Il braciere era custodito come un nume tutelare una ruota in legno lo rialzava detta “conca” dal pavimento e veniva usata come poggia piedi e poi quell’immancabile profumo di agrumi che inebriava l’ambiente. Nella medesima “conca” venivano “caliate” le olive salate nere che venivano mangiate con l’altrettanto “pani caliato”. I nonni e i genitori ci raccontavano le antiche favole calabresi le”miniminagghe” (scioglilingua) e tante altre belle cose ancora. Era il campanello per l’inizio delle feste natalizie! Ed ecco che in queste sere fredde e piovose si dava libero sfogo ai racconti. Oggi vi narrerò una leggenda che raccontava la nonna di una compagna universitaria stilese, pensate… quando udì questa leggenda era davanti al braciere. L’anziana ci parlava del Castello di Stilo in cui vi era una prigione dove era impossibile scappare perché a strapiombo sul Monte Consolino. Si poteva entrare o uscire solo se issati con una corda. Pochi reclusi uscivano vivi dalle orrende segrete del castello. Tra questi si ricorda una nobile donna, di nome Regina, sulla quale si mormorava che avesse avuto in dono una magica gallina che ogni giorno deponeva un uovo d’oro. Il governatore di Stilo tal Costa Peloga cercò in ogni modo di far trapelare questo segreto, anche attraverso la tortura, ma la donna non proferì parola per questo motivo venne calata nella fortezza. La notizia fece il giro della Calabria e a Crotone viveva un nipote della donna, fece subito ritorno a Stilo ed inizia a “corteggiare” il governatore facendo silenzio sull’intento di ordire complotto. All’alba, del giorno successivo i congiurati si presentano al palazzo dell’ignaro governatore e appena le guardie aprirono la porta, pugnali alla mano, raggiungono la camera da letto del governatore ma quest’ultimo, accortosi di quanto stava per succedere, si lancia giù dalla finestra nel tentativo di salvare la sua vita scappando. E’ presto raggiunto, legato e portato davanti al popolo dal quale ricevette la morte dopo atroci torture. Costa Condomicita diviene governatore di Stilo e la zia Regina subito tratta in salvo. Della gallina che per la gente di Stilo covava le uova d’oro, non si seppe più nulla.
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