Non è Natale in Calabria senza gli “mberu mbaresji”: gli zampognari
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di Maria Lombardo
In Calabria la zona in cui più si è diffusa e affermata come strumento popolare è quella delle Serre e dei paesini ivi compresi: Spadola, Vallelonga, Serra San Bruno, Brognaturo, ecc…, usata dai pastori come richiamo per gli animali e per l’intrattenimento durante le transumanze o le migrazioni stagionali e nelle feste di paese, nelle sagre e durante novene. In queste occasioni la zampogna si accompagna ad un altro strumento, la pipita, aerofono in legno pezzo artigianale. Insieme alla zampogna suona la ciaramella uno strumento a fiato ad ancia doppia che può considerarsi un antenato dell’oboe. E’ essenzialmente una musica natalizia ma si possono intravedere anche alle feste più famose sono la festa di San Rocco del sedici di agosto e la novena della Madonna della Consolata di Spadola, in cui si suonano lodi, inni, litanie e marcette, indossando i costumi tradizionali. Il duo zampognaro infatti è abbigliato da pastore si compone di pantaloni, scarponi da montagna con scaldamuscoli di lana, gilet fatto con il vello di una capra o lungo mantello (tradizione vuole che sia il pipitaro, colui che suona la pipita, ad indossare il mantello, mentre allo zampognaro spetta il gilet), cappello di feltro e giacca di fustagno. In Calabria rappresentano un vero patrimonio tradizionale che va tutelato ed attualmente è possibile incontrarli anche nelle città a memoria delle tradizioni. La letteratura romantica ha costruito l’immagine dello zampognaro vagabondo, musico di piazza, metà pastore, metà mendicante, secondo uno stereotipo consolidato che ancora resiste.
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