I Marchesi Albano: Salvatore e Gabriella Nunziante. San Ferdinando (RC) Borbonica e Liberale.
di Maria Lombardo
Con il titolo di Marchesi di Albano vennero indicati
Salvatore Nunziante e Gabriella Spiriti con Regio Decreto 6 luglio 1858 a
Salvatore Nunziante di Vito. Trasmesso poi a Emilio Nunziante. Quando Vito morì il diritto di Marchese andava solo alla
primogenitura gli altri fratelli tra cui Salvatore fecero di tutto affinchè Ferdinando II li fregiasse del
titolo. Nel '58 mentre il Re era ad Ischia accolse benignamente il desiderio di
Salvatore:” un titolo da dare ad un fondo rustico di sua proprietà denominato
Albano, sito (…) nel Comune di Rosarno.
I coniugi di Albano nella seconda metà dell'800 fondarono la confraternita del
Carmine e dell'Immacolata Concezione. 49 le finalità espresse nello statuto
redatto a Reggio il 14 novembre 1857 in circa due mesi ebbe assenso positivo
dal Monarca con firma del Ministro
Troya(1). La Confraternita era tenuta a riunirsi ciclicamente nell'oratorio
della chiesa per approvare la delibera del Priore. A seguito della Congrega la
Marchesa Gabriella fa costruire una cappella per l'Immacolata per potersi
riunire e fece portare da Napoli una statua della Madonna che ancora oggi si
venera. I marchesi sceglievano i fratelli di indubbia moralità ottimi cristiani
e che rispettassero persino il rito dei
vattiaturi, i battenti. Gabriella Spiriti la Marchesa Albano fu una figura
molto caparbia e vigorosa per San Ferdinando più del marito Salvatore.
Originaria di Cosenza figlia di ricchi feudatari che furono intricati nella situazione della Regia Sila(2). Della donna il popolo casettoto tra cui l'avv. Rombolà ebbe a dire:"narra il compianto avv. Rombolà: ...........Don Sarvaturi
avia na cusentina Donna Grabela, la Marchisa Arbana. Era na smatrata masculina
..Era na bbona figghia di puttana. quandu niscia subbra 'u carrettuni ca
pagghia di fiorenza cu la trina vutava l'occhi comu nu lalluni, tuttu guardava
cu la vista fina. Era nu focu si, na 'ndustriosa, paria nu capurali di jurnata,
sira e matina no' truvava posa ogni mumentu 'nc'era l'adunata. Sunava la
trumbetta a tutti l'uri partia la ggenti pimmu cogghi frunda, pi tutti l'anni
'nc'eranu lavuri 'nte terri 'nc'era sempri baraunda. 'nc'era u Rusariu poi 'nta
la sirata: tutti assittati 'nta lu pavimentu Idha a lu hjancu di l'Ammaculata
sgrudhava lu rusariu d'argentu. Tutti i culoni 'nto pugnu tinia: la ggenti mu
la vidi si spagnava, paria na cudarratta pi la via, ognunu 'nto cannolu si
pisciava................Na camerera da Bonzona avia: 'Zza Urzula la ggenti la
chiamava. Quandu a Marchisa mali si sintia, cu gnocculi lu cori 'nci sanava.
Era maistra di maneri fini, sapia mu 'nduci dhu luppinu amaru. Avia li chiavi
di li magazzini, pisava a chilu, pisava a cantaru".
Donna Gabriella contrasse sposalizio col rampollo dei Nunziante e si trasferì a San Ferdinado, senza figli Gabriella si occupò anima e corpo dell'Azienda di famiglia e con modi da latifondista (probabilmente ereditati dal padre) sottomise i coloni. Una donna esacerbata di pugno duro sul suo conto si narrano le scenette di vita più disparate. Vietava ogni cosa persino alle giovani donne di seguire la moda si macchiò di fatti disgustosi a riguardo si dice che la Marchesa sfregiò con le forbici l'acconciature delle contadine poiché non potevano emulare le signore. Sono molti e molti gli episodi che si potrebbero raccontare sul suo conto ma a farne eco per tutti fu l'abate Martino da Galatro che fu mandato a San Ferdinando a fare il curato. Fu qui che l'abate prese di mira la coppia di Marchesi e scrisse la “Gonnella”. Sacerdote ribelle e non conformista che si rivoltò prima contro i Borbone poi contro i Piemontesi. Giunge a San Ferdinando nel '54 e per la sua preparazione culturale diviene precettore dei marchesini, ma sarà allontanato dal paese a causa delle sue idee e per essersi beffato della Marchesa Albano. Nella “gunnella” si prende gioco del marchese Salvatore che si faceva dominare da questa moglie dal forte carattere(3). Un matrimonio basato sui comandi della Marchesa che spesso e volentieri sfociano in crisi di cui il Dott. Gioffrè doveva lenire i mali della nobile isterica. Si racconta però che l'unica persona capace di ammansirla fosse la cameriera Orsola Rizzo che divenne fidata della nobildonna. Cattolicissimi i Marchesi Albano cercarono di fondare un convento ed una chiesa dedicata anche in questa occasione venne usata l'ossidiana che giungeva da Lipari, la stessa Marchesa al momento di gettare le fondamenta pose 4 ducati in segno di fortuna, ed incitava la popolazione ad essere celeri nei lavori. Il convento però benchè arricchito delle migliori suppellettili non aprì mai. Nel 1889 muore a 69 anni a Napoli residenza ufficiale dei Marchesi, Salvatore, la Marchesa decide che i funerali si dovevano tenere a San Ferdinando. Si decide così una sontuosa cappella ( Cuore Sacratissimo di Gesù) ed un sarcofago di marmi pregiati e venne ingaggiata la banda musicale di Nicotera. Ai sontuosi funerali partecipò tutta la nobiltà calabrese e non ed anche coloro che lo processarono nel 1861 per aver ricevuto una lettera da Pianell che lo invitava a passare al nemico, come fece il fratello Alessandro duca di Mignano(4). Anche Gabriella morì a Napoli e poi condotta accanto al maritoriposano nel convento da loro voluto.
Donna Gabriella contrasse sposalizio col rampollo dei Nunziante e si trasferì a San Ferdinado, senza figli Gabriella si occupò anima e corpo dell'Azienda di famiglia e con modi da latifondista (probabilmente ereditati dal padre) sottomise i coloni. Una donna esacerbata di pugno duro sul suo conto si narrano le scenette di vita più disparate. Vietava ogni cosa persino alle giovani donne di seguire la moda si macchiò di fatti disgustosi a riguardo si dice che la Marchesa sfregiò con le forbici l'acconciature delle contadine poiché non potevano emulare le signore. Sono molti e molti gli episodi che si potrebbero raccontare sul suo conto ma a farne eco per tutti fu l'abate Martino da Galatro che fu mandato a San Ferdinando a fare il curato. Fu qui che l'abate prese di mira la coppia di Marchesi e scrisse la “Gonnella”. Sacerdote ribelle e non conformista che si rivoltò prima contro i Borbone poi contro i Piemontesi. Giunge a San Ferdinando nel '54 e per la sua preparazione culturale diviene precettore dei marchesini, ma sarà allontanato dal paese a causa delle sue idee e per essersi beffato della Marchesa Albano. Nella “gunnella” si prende gioco del marchese Salvatore che si faceva dominare da questa moglie dal forte carattere(3). Un matrimonio basato sui comandi della Marchesa che spesso e volentieri sfociano in crisi di cui il Dott. Gioffrè doveva lenire i mali della nobile isterica. Si racconta però che l'unica persona capace di ammansirla fosse la cameriera Orsola Rizzo che divenne fidata della nobildonna. Cattolicissimi i Marchesi Albano cercarono di fondare un convento ed una chiesa dedicata anche in questa occasione venne usata l'ossidiana che giungeva da Lipari, la stessa Marchesa al momento di gettare le fondamenta pose 4 ducati in segno di fortuna, ed incitava la popolazione ad essere celeri nei lavori. Il convento però benchè arricchito delle migliori suppellettili non aprì mai. Nel 1889 muore a 69 anni a Napoli residenza ufficiale dei Marchesi, Salvatore, la Marchesa decide che i funerali si dovevano tenere a San Ferdinando. Si decide così una sontuosa cappella ( Cuore Sacratissimo di Gesù) ed un sarcofago di marmi pregiati e venne ingaggiata la banda musicale di Nicotera. Ai sontuosi funerali partecipò tutta la nobiltà calabrese e non ed anche coloro che lo processarono nel 1861 per aver ricevuto una lettera da Pianell che lo invitava a passare al nemico, come fece il fratello Alessandro duca di Mignano(4). Anche Gabriella morì a Napoli e poi condotta accanto al maritoriposano nel convento da loro voluto.
(1)
Decreto n. 4.657, Napoli 30 dicembre 1857,
A.S.R.C
(2)
Saverio Di Bella, Terra e potere in
Calabria dai Borboni alla Repubblica, la
questione silana
pag 36 Cosenza 1979.
(3). A.
Martino. Di la furca passammu a lu palu. A cura del prof. Pietro Ocello Galatro
1984 p 83.
(4). Pier
Giusto Jaeger, Francesco II di Borbone,
l'ultimo Re di Napoli ,Milano
1982 p 185
Commenti
Posta un commento
Dimmi cosa ne pensi!