IL CONVENTO DI SORIANO CALABRO ( VV).



di Maria Lombardo


Nel cuore delle Serre Vibonesi è posizionato Soriano Calabro, bellissimo centro montano che ha una storia ultra millenaria, secondo alcune fonti però venne fondata dai Siriani da cui ne prende il nome.
Anche a Soriano si scatenò una vexata questio sulla sua fondazione gli studiosi si sono avvicendati in soluzioni che non trovano collocazione storica: fanno risalire la sua fondazione al periodo della lotta iconoclasta (VII-VIII secolo d.c), altri all’epoca normanna.
Altri ancora datano le origini di Soriano, scarsamente illuminate dalla tradizione storica si perdono nel tempo facendoci conoscere solo ipotesi ma scarsa attendibilità. Molte le ipotesi sull’argomento ma, spesso, artificiose o scarsamente documentate.
Una delle teorie più attendibili dice che: a dare origine al paese sarebbero stati alcuni gruppi di monaci dell’Ordine di San Basilio i quali, per sfuggire alle spietate persecuzioni dei Musulmani, si erano spinti all’interno del nostro territorio Calabro alla ricerca di un rifugio sicuro e tranquillo.
Ne sono una testimonianza i numerosi tempietti dedicati a Santi Basiliani e i vari monasteri eretti nella zona, dei quali il più sontuoso era quello dedicato a S. Maria degli Angeli (la Vergine Odigitria, guidatrice del cammino).
Soriano acquistò importanza con l’arrivo dei Normanni, sia perché il Conte Ruggero la pose subito sotto la sua Signoria con il titolo di feudo, sia perché, a causa della sua ubicazione divenne presto importante anello di congiunzione tra il Cento Monastico di Serra San Bruno e Mileto, dove Ruggero aveva fissato la sua residenza e aperto una splendida corte alla quale affluivano continuamente alti ufficiali, prelati, dignitari, legati di pontefici, principi ed uomini di pensiero.
Unica notizia certa tanto per rendere l’idea del percorso storico è databile al 1496, fece parte dello “stato” di Arena, per poi essere feudo dei Carafa. Ma subito dopo, nel 1510, con la fondazione dell’importante convento di San Domenico, passò a quest’ordine, che decadde dopo il disastro tellurico di fine ‘700.
In quel torno di tempo vibrava in Soriano un profondo sentimento religioso per il Patriarca San Domenico, in onore del quale nel 1510 come detto in calce, venne intrapresa la costruzione di un grande Santuario con annesso Convento.
L’antica Soriano, allora relegata ove oggi si trova Sorianello, venne quindi divisa dopo la riforma francese di inizio ‘800 in due realtà amministrative: Soriano e Sorianello.
Il 7 febbraio 1783,fu un giorno tragico nella storia dell’antica Soriano e della Calabria meridionale. Il convento venne raso al suolo dal terremoto del 1783, la devastante scossa dell’undicesimo grado della scala Mercalli che ebbe il proprio epicentro in una vastissima area che abbracciò tutta la Calabria Ultra: ed è proprio in questi luoghi che è possibile visitare gli antichi ruderi del Santuario di San Domenico datati proprio 1500. Un enorme convento certamente il più vasto ed importante di tutta Europa.
Il maestosissimo edificio sorgeva in una vallata vicino al torrente Cornacchia in circa 20 anni il Santuario con annesso convento divenne famosissimo narra la leggenda che: la celeberrima “Tela di San Domenico”, secondo la tradizione consegnata dalla Madonna e da Santa Caterina ad un frate nel 1530 e che viene venerata ancora oggi con grande devozione.
Sulla leggenda di Santa Caterina si pone però la scoperta dell’Università di Cosenza che tra i cumuli di macerie riporta alla luce una bellissima testa della Santa del Bernini. I Giornali hanno proposto la scoperta in ogni dove Panarello infatti così la catalogò:” appassionato volto di Santa Caterina da Siena, forse frammento di una statua (…) da assegnare ai due grandi maestri barocchi Bernini e Fanzago”.
Attrattiva da parte di ecclesiastici di ogni genere e grado dai quali i monaci Domenicani ricevevano lauti introiti. Inoltre la fama delle grazie, che si ottenevano a Soriano per intercessione della Sacra Immagine di San Domenico attirava ogni giorno moltitudini di fedeli nel santuario sorianese il quale, ben presto acquistò una grande notorietà in tutto il mondo cattolico.
Oltre che centro d’intensa vita religiosa, il Santuario era, inoltre, un rigoglioso cenacolo di cultura e di vita intellettuale molto apprezzato per la serietà e la severità degli studi che in esso si compivano. A supporto di tanta vitalità culturale, il Convento di Soriano possedeva una fornitissima biblioteca ancora oggi esistente, ed, una tipografia dalla quale “uscirono” varie ed importanti opere, tra cui testi di sacra scrittura, di teologia, di filosofia, di predicazione e la “Cronica del convento”, scritta da Padre Antonino Lembo.
La parabola ascendente del convento Sorianese fu proprio fino alla data di quel 7 febbraio 1783 che demolì del tutto l’importante luogo sacro, il convento poté essere ricostruito, più modestamente, in un’area dell’antico edificio solo all’inizio dell’Ottocento.
Oggi le imponenti rovine del convento e della chiesa di San Domenico rappresentano il più importante monumento del comune, nonché una delle più terribili memorie del sisma del 1783 in Calabria.
Nel 1866 una nuova soppressione dei beni e degli ordini religiosi segnerà la partenza e l’abbandono forzato del santuario da parte dei frati domenicani. Da quella lontana data furono tanti i tentativi per il ritorno tanto desiderato dei frati al santuario.
Nel frattempo il convento era divenuto sede di istituzioni non consoni alla dignità e all’utilizzo dello stesso monumento; era diventato sede del municipio (come ancora oggi), una parte adattata a scuola, una per asilo. Un’ala andrà distrutta in un incendio nel 1917 per l’incuria e la leggerezza con cui erano custoditi i vari ambienti del convento.
I padri domenicani faranno ritorno a Soriano il 14 luglio del 1942; gli ottant’anni di assenza non avevano spento il culto del Quadro, ma il lavoro da fare era tanto.
I sorianesi si adoperarono con tutto il cuore anche nel costruire un piccolo conventino dove i frati potessero vivere e lavorare per la comunità sorianese.
Ancora oggi i disagi che l’attuale comunità vive sono tanti; specie la mancata presa di coscienza da parte di amministrazioni locali, provinciali, regionali e nazionali.

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