TIRIOLO CZ: LO SCHELETRO DEL GIGANTE DEL CORACE – CALABRIA MISTERIOSA.


DI MARIA LOMBARDO
E’ proprio così anche la Calabria ha i suoi misteri, e tocca  a me quest’oggi, introdurre il viaggiatore del XXI  secolo nel fitto mistero che aleggia su Tirolo.
Nella nostra Calabria esiste nel declivio nord della collina, esattamente nelle contrade Tozzina e Santa Caterina, una vera e propria necropoli di cinque-seimila anni fa, quindi di un’epoca di molto anteriore all’arrivo dei Greci (circa ottocento anni prima di Cristo).  Ecco che chi di dovere, che ha parlato per primo di questa necropoli è stato don Emilio Prioglio, proprietario di una parte della Tòzzina.
La cosa che allora  sembrava esagerata, ma che comunque  fu riferita – con una vera e propria relazione – alla Soprintendenza alle Antichità di Reggio Calabria (diretta allora da De Franciscis )- fu che lo stesso Prioglio parlava di “tombe di giganti”. “Una tibia trovata in una di queste tombe” disse don Emilio “mi arrivava addirittura a metà femore”. Cioè a metà coscia ; ed era dunque, di una lunghezza spropositata, considerando anche che don Emilio Prioglio, piemontese, era alto.
Un operaio, Peppino Paparo, arrivò a dire che uno scheletro era lungo addirittura circa due metri e sessanta .Si trovò  un intero cranio completo di mascelle inferiore e superiore che presentavano tutti i denti e che gli  sembrò veramente grande.
Si fece vedere quel cranio al dott,. Ferrari, medico del paese, il quale a sua volta scese alla Tozzina e filmò quello che c’era nella tomba. Le mascelle finirono, grazie a Dario Leone di Nicastro, studioso di antropologia, prima alla Soprintendenza alle antichità di Reggio, all’attenzione del prof. Tinè; da questi furono quindi inviate all’Istituto di Paleontologia Umana di Roma-via Giulio Caccini- e infine da qui spedite, per un ulteriore studio, a Firenze – Istituto di Antropologia- dove furono affidate alla professoressa Massari.
Tutto questo successe a Tiriolo centro agricolo della Sila piccola, situato a nord dell’ istimo di Catanzaro, sopra un poggio che segna displuvio, tra la valle del fiume Amato, sul versante tirrenico e quella del fiume Corace sul versante ionico.
Mentre la parte nord-orientale dell’abitato si addossa alle pareti rocciose di uno spuntone calcareo. Sulla storia di Tirolo si sono interessati uomini dotti e di elevato valore storico che hanno lasciato alla Calabria testi noti e veritieri, primo fra tutti, lo storico cappuccino Giovanni Fiore, il quale, sulle braccia del Barrio e del Marefioti, nella sua “Calabria illustrata” definisce Tiriolo abitazione antichissima; ed, a conferma di queste origini remote, non solo parla di “rotture di muraglie che si cavano fuori con dentro molti tesori di monete antichissime“, ma altresì fa esplicito e chiaro riferimento ai “molti sepolcri degli antichi giganti che giornalmente vengono fuori“.
A padre Fiore bisogna dare credenza perchè non solo è uno storico del luogo, ma sopratutto perchè visse nel periodo stesso in cui si verificò il rinvenimento di cui stiamo parlando.Ma padre Fiore non è l’unico a parlare degli scheletri giganti (evidentemente stava affiorando in quel periodo una necropoli di giganti), di essi fa menzione in una piccola cronaca inedita dal titolo “Breve descrizione della terra di Tiriolo” uno scrittore del tempo e del luogo, il sacerdote Giovambattista Ursano. Data l’importanza di questa cronaca, è necessario spendere su di essa qualche parola.
E’ composta di otto pagine manoscritte, l’originale non esiste più, è datata 1668; sull’autenticità di essa non vi è da dubitare, si è tramandata di generazione in generazione tra le persone colte del luogo e curiose delle patrie vicende, la ebbe tra le mani nel 1828 il francese Craufurd Tait Ramage quando visitò Tiriolo.
A proposito di essa egli scrisse nel suo libro “Viaggio nel Regno delle due Sicilie” che, mentre era nella locanda, “un signore ebbe la gentilezza di mostrargli un manoscritto della storia di Tiriolo che dava la notizia di tutte le antichità scoperte in questa zona.
Il manoscritto era opera del parroco ed era un esempio di diligenza… ” .Giovambattista Ursano, in detta cronaca, scrivendo del ritrovamento del Senatus Consultum de Baccanalibus, avvenuto a Tiriolo nel 1660 durante gli scavi di fondazione per il costruendo palazzo Cigala, afferma che fu trovata “un’armeria d’innumerevoli ferri arrugginiti e di varie sorti ed ivi vicino un sepolcro grandioso, dentro l’ossa incenerite era uno smisurato cranio d’uomo con aste e lance e certi vasetti pieni di cera, nei quali vasetti mandati a Napoli si scoprì che dette ceneri confirmavano alla salute di diversi mali, come disse il signor Francesco Conelio, medico eccellentissimo nel giornale dei letterati… ” Questa è Tiriolo cittadina  rinomata per le reliquie ed i resti di uomini giganti esumati dai concittadini e per la sua antichità,  la quale spicca per tale avvenimento: Ad interessarsi alla scoperta di sostanziale rigurgito scientifico fu chiamato  per lettera da Giovanbattista Cappucci, il dottor Marcello Malpighi, alla cui persona non servono presentazioni.
La cittadina che già godette in passato di importanti rinvenimenti tombali giunse agli onori della cronaca per la scoperta di una tomba sui generis che occultava il corpo di un gigante..
La scoperchiarono ed una macabra visione si presentò ai loro occhi: nella tomba spalancata “innante in una notevole quantità di cerume” adagiato sul dorso stava uno scheletro di proporzioni enormi. Lunghe erano le gambe e le braccia, largo e poderoso il bacino, grosse le costole, voluminoso il teschio.
Ne rimasero atterriti. Cappucci afferma “in un sepolcro antichissimo aperto nella campagna di Tiriolo… innatante in una notabile quantità di ceruma” fu trovata “l’ossatura di un cadavere gigantesco; corre voce che sia stato di quindici palmi di statura”   Il Cappucci che probabilmente conosceva il Malpighi in quanto discepolo scrisse tali parole:”“… Sperai nell’Aprile prossimo aver materia di scrivere a V. S. E. una lunga lettera sopra il ritrovamento d’un sepolcro antichissimo aperto nella campagna di Tiriolo terra di questa Provincia, et in esso d’una ossatura di cadavere gigantesco innatante in una notabile quantità di cerume, la mostra del quale è stata portata anche fin a Napoli al Sr. Tommaso Cornelio sotto nome di balsamo, et io ne ho visto qualche minuzia, ch’esaminata al di fuori pareva una pece bruna addensata, et invecchiata, ma nel fuoco spirava un odor migliore della pace comune.
Onde ho preso a sospettare che sia mistura di pece e d’altra raggia di miglior fumo. Un dente anche mi fu promesso dal medesimo cadavere, che corre voce sia stato quindici palmi di statura… Il nostro Sig. Giovanni Battista Abati, che da Catanzaro è più di me vicino a Tiriolo, avrebbe meglio informarsi, ma egli incarparbito a tener il riporto menzogna et il cerume e l’ossa imposture o favolosi, non ha voluto impicciarsi… per separare dal falso il vero, se di quello, come è solito in tutte le novità, vi è misura notabile nella storia” (Rinvenimento Carteggio Malpighi).
Tuttavia la fama di Tiriolo come terra dei giganti perdurava anche agli inizi del nostro secolo se l’inglese Normann Douglas che per ben due volte visitò la nostra regione, nel suo libro “Vecchia Calabria” pubblicato nel 1915 scrive: <<Rivisitai Tiriolo, un tempo famosa per i sepolcri dei giganti (tombe greche), e più recentemente per i ritrovamenti antichi di maggior valore>>,notizie più recenti si hanno dagli enti del Comune i quali ci dicono:”Ciò fu reso pubblico dall’allora Sindaco di Tiriolo Avv. Tommaso Paone, persona dotata di serietà e cultura, e fu avallato se ce ne fosse davvero stato bisogno dagli operai Grande Antonio, Corapi Domenico, Martino Leopoldo, Puccio Antonio che furono presenti all’avvenimento.
Nel dicembre del 1967, nella località Imbarro di Tiriolo, ad impiegare la modesta somma concessa per un cantiere di lavoro si stabilì di sitemare la strada che dalla sopradetta località porta alle campagne di Corbizzano: nel corso dei lavori di sterro e di scavo, gli operai addetti s’imbatterono in una buca sotterranea rassomigliante ad un forno, nel vano di essa supino giaceva uno scheletro di proporzioni superiori al normale.
Una gamba dello scheletro era cinta da una catena di ferro costituita da anelli grossi, questa catena che gli studiosi del tempo poterono osservare da vicino, fu depositata nel Municipio di Tiriolo visibile a chiunque ne avesse voglia.
Quanto detto, sia l’ultimo e definitivo suggello perchè non cada alcun dubbio sull’esistenza degli scheletri giganti di Tiriolo, i quali davvero non sono un’invenzione e nemmeno un parto macabro della fantasia”. Altro punto da chiarire è quello del cerume; che lo scheletro fosse ricoperto di cerume è detto esplicitamente, nella lettera, infatti, si afferma che “una mostra” di esso, cioè un campione, era stato mandato al Sig. Tommaso Cornelio di Napoli illustre medico e matematico calabrese, ed ancora che qualche “minuzia” era stata osservata ed esaminata da Luigi Marsico (autore del libro “Catanzaro nella storia“), si trattava, a suo dire, di una specie di “pece bruna ed addensata” che non dava cattivo odore. Come classificare questa materia? Non è possibile dare una risposta soddisfacente, le notizie al riguardo sono molte vaghe, si accenna, infatti, ad una certa somiglianza con la pece.

Commenti

  1. Nel libro di genesi cap 6 esistevono giganti ibridi. E cone dicono le tombe datano 6000 anni fa coincide con quel tempo pre diluvio.
    Molto interessante queste scoperte

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