BATTE IN CALABRIA GRECANICA IL CUORE DI ZEUS TRA MITO E SCIENZA: LA GROTTA DELLA LAMIA.

di Maria Lombardo 

Calabria terra dalle mille contraddizioni ma soprattutto terra fantastica tutta da scoprire. Un compendio di attrattive che rendono la Regione unica nel suo genere. In questa Regione però purtroppo non sono né conosciute, né protette, né valorizzate. Situata sull’acroco Aspromontano nel Comune di Montebello Ionico in provincia di Reggio Calabria è ubicata questa spettacolare cavità ipogea.
Per raggiungere questo posto, anche se nascosto, è facilmente raggiungibili. Basta seguire la SS 106 e svoltare per Montebello Jonico, proseguire verso Fossato e da qui verso Lungia.
Giunti alla Chiesetta omonima si procede ancora e si fanno pochi chilometri in salita.
Ad un certo punto anziché procedere verso monte si gira a sinistra. A pochi metri, sulla destra, un cancello in ferro permette l’ingresso verso il luogo delle grotte.
Andando avanti per circa cinquecento metri è possibile incontrare le grotte della Lamia. Fin dall’ 800 il posto venne scandagliato sia da studiosi stranieri ma anche da minerologi Borboniani che in questo luogo ubicarono una miniera di rame sostiene il Carbone Grio, 1877,Le Caverne del Subappennino ed i resti fossili del glaciale in Calabria. Tipografia Romeo, Reggio. Qui tutto è rimasto immutato.
La Lamia è posizionata in una amena vallata immersa nelle acque di torrenti montani, ed era conosciuta già nei secoli scorsi, oggi è possibile accedere e visitare l’enormità dei suoi spazi tramite un sentiero ben collocato e curato. Un ambiente cristallino quasi fatato colpisce il viaggiatore calabro, una serie di pilastri e tozze stalattiti scendono dall’alto, attribuendogli un senso di selvatichezza.
Effettivamente la presenza di tali colonnati e stalattiti è sintomatologia di un continuo lavorio dell’ acqua. Tutto intorno è un tripudio di conchiglie che adornano l’ambiente, il mare era presente in queste terre prima che l’Aspromonte si alzasse. Sulla certezza che, un tempo, la terra fosse interamente sommersa dal mare non ci sono dubbi ma trovarsi in aperta montagna ed avere la possibilità di calpestare la sabbia di un vecchio fondale marino ed accarezzare rocce scolpite dal tempo e le conchiglie che parlano di storia è veramente emozionante.
Qui l’acqua ghiacciata cade a tempo. Una punta di roccia la regala ogni 15 secondi, un’altra ogni 12 ed un’altra ancora ogni 20 così come in tutte le altre. È tutta una musica, semplice e bella.
All’interno, il primo tratto della grotta si presenta alto circa tre metri mentre poi più avanti, per circa cinque metri, si tende ad abbassare fino al punto di vedere queste splendide sculture fondersi col suolo. L’area attualmente occupata da queste rocce calcaree non è eccessiva anche se alcuni sostengono che il percorso e la loro presenza è assai estesa tanto che, scavando ci si immetterebbe in cunicoli che, secondo la teoria di qualche anziano, giungerebbero fino a Motta San Giovanni.
Nel centro infine una grossa “candela” scende verso la terra. La sua forma è assai strana. Allungata e rotondeggiante a tratti sembra essere stata lavorata al tornio. La sua punta sferica guarda a 360 gradi l’intorno tanto da compensare l’interno buio con l’esterna luce. Altri affermano, invece, che le grotte si estendono in profondità fino a giungere il greto del fiume.
La grotta è così definita un labirinto suddiviso da colonnati ricoperti di calcite, dove sonnecchiano indisturbati pipistrelli in letargo. Essendo però il posto immerso nelle campagne della Magna Grecia non si può non fare riferimento al mito e leggenda.
Il nome “lamia” deriva dal greco e Montebello Jonico è terra ellenica, mondo in cui nell’antichità le “Lamie”, secondo la mitologia, altro non erano che figure a metà strada tra l’uomo e l’animale ossia dei veri e propri mostri o meglio obbrobri che incutevano paura sia per l’aspetto che per il loro violento agire.
Le “lamie”, infatti, venivano identificate come rapitrici di bambini e di giovani, molto crudeli tanto che per nutrirsi li divoravano con estrema velocità. Lamia era, infatti, la mitologica e bellissima regina della Libia figlia di Belo, che entrò presto nel cuore di Zeus da cui ebbe molti figli; una discendenza, questa, però invidiata da Era che non sopportando quest’amore scatenò l’incontrollabile odio contro i loro figli uccidendoli tutti ad eccezione di Scilla e Sibilla.
Così, Lamia, travolta dal dolore si trasformò in quello che mai avrebbe voluto essere e si rifugiò nel buio delle grotte per il suo orribile aspetto. Per questa ragione, piace pensare che proprio alla Grotta della Lamia sia rimasto legato il “cuore di Zeus”. In quanto al toponimo, probabilmente i Greci, per il contrasto tra la bellezza e la paura generata dalle grotte, diedero alla località che le ospita il nome di “Lamia” quale ricordo del mostro mitologico.
E la “bocca” del mostro, infatti, la troviamo all’ingresso della cavità; una bocca che, nelle antiche storie tramandate dagli anziani dei paesi di Montebello e di Fossato ionico era in grado di inghiottire intere greggi.

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