Il Santaro di Garopoli: da Tropea al Reggino.
di Maria Lombardo
Domenico De Lorenzo nacque a Tropea il 21
ottobre 1740, figlio di Giuseppe e di Giulia Naso che al fonte battesimale gli
diedero i nomi Domenico Antonio, Francesco Saverio. Il giovane Domenico fu,
quindi, per circa una dozzina di anni ospite a Roma di un non identificato suo
zio definito “cattedratico”, e fu
attratto dalla scultura lignea. Dopo quella iniziazione Domenico continuò a
coltivare la passione per quell’arte anche dopo il suo rientro in patria.
Fu così che il 31 maggio 1771 si ritrovò a Caridà per contrattare con mastro
Domenicantonio Furci la fornitura di sei carrate di legno di tiglio al prezzo
ed alle condizioni dell’anno precedente. Quel giorno fu stipulato col signor
Francesco Saverio Gallucci Protopapa l’obbligo per la commessa della statua di
Sant’Antonio di Padova col Bambino, che lo scultore avrebbe dovuto eseguire
durante il successivo mese di luglio nella casa che gli avrebbe messo a
disposizione il committente. Nel detto obbligo fu specificato che la statua
doveva essere uguale all’altra fatta precedentemente per la chiesa del convento
dei Cappuccini di Rombiolo (VV).Ciò permette di dedurre che a trent’anni era
già un maestro santaro molto apprezzato. La permanenza in Caridà fu galeotta
per l’artista scultore. ln quel fatidico mese di luglio ebbe occasione di
conoscere la magnifica Francesca Cavallaro, che per detta dei presenti il 3
febbraio 1773 nella chiesa parrocchiale di Garopoli divenne sua moglie. Dalla
coppia nacquero cinque figli maschi. Il primo di nome Francescantonio, nato l’1
giugno 1775, e l’ultimo di nome Giuseppe, nato il 21 aprile 1791, entrambi
scelsero la vita ecclesiastica. L’ultima notizia di Francescantonio è del 24
marzo 1798, giorno in cui fu ordinato diacono. Giuseppe ordinato sacerdote il
20 maggio 1815, il 2 marzo 1826 fu nominato parroco del suo paese dove morì il
12 novembre 1873. Il sacerdote Giuseppe esercitò anch’egli l’arte statuaria, e
portò a compimento anche un paio di statue lasciate incompiute dal padre. Non
dovrebbe sussistere dubbi la logica deduzione che tutt’e e due avevano
frequentato la “bottega ” del padre e che da lui avevano appreso il
maneggio dei ferri del mestiere. Tant’è che il
figlio
Fortunato fu qualificato “proprietario” nel 1819 e “falegname”
nell’atto di
morte.
Sposato con Rosaria Riolo, morì cinquantottenne il 3 febbraio 1846.Anche l’altro
figlio, il ceraiolo Gesuele fu qualificato “falegname” nell’atto di
morte. Aveva sposato Maria Giuseppa Morfea. Morì sessantacinquenne il 3 maggio
1844.L’ attività scultorea di Domenico De Lorenzo fu prolifica e gli permise di
essere noto e presente in molti luoghi della Calabria. Le statue certe di
fattura di Domenico De Lorenzo, risultanti dai documenti o rilevabili da alcune
osservazioni dirette, sono: la Madonna della Grazia col Bambino (1801) ed
il San Giuseppe col Bambino (1797) nella chiesa della confraternita
della Grazia di Arena, il San Pasquale (ante 1783) nella chiesa
parrocchiale di Bellàntone; la Madonna del Rosario col Bambino (1796)
nella chiesa parrocchiale di Calimera; il Cristo Risorto (1797) ed il San
Girolamo (ante 1797) nella chiesa matrice di Cittanova; il Cristo
Risorto (1785) ed il San Giovanni evangelista (1785 ?) nella chiesa
parrocchiale di Dasà; il San Fortunato martire (1792) nella chiesa
parrocchiale di Fràncica; la santa Rita da Cascia (1803) nella chiesa
parrocchiale di Gerocarne; il San Giovanni evangelista (1799) nella
chiesa parrocchiale di Laureana di Borrello; la perduta Madonna della
Grazia (1782), già nella chiesa parrocchiale di Mandaradoni di Briatico; il
perduto San Giorgio martire sul cavallo (?), nella chiesa parrocchiale
di Maròpati; la Madonna col Bambino (1787) nella chiesa di Santa Maria
della Cattolica di Mileto; il San Francesco di Paola (1804) nella chiesa
dell’ex-convento dei Minimi; il San Raffaele Arcangelo (1788) nella
chiesa parrocchiale di Orsigliadi di Rombiolo; la Madonna del Carmine col
Bambino (1782) della chiesa omonima di Palmi; il San Vincenzo Ferreri
(1801) nella chiesa parrocchiale ed il Sant’Antonio di Padova col Bambino
(ante 1771) nella chiesa dell’ex-convento dei Cappuccini di Rombiolo; il San
Rocco (1794) nella chiesa omonima di San Costantino Calabro; la Madonna
del Rosario (nel recente restauro sono state cancellate la firma e la data)
nella chiesa parrocchiale di San Nicola de Legistis; il Sant’Antonio di
Padova (1771) nella chiesa del Carmine di San Pietro di Caridà; il San
Raffaele Arcangelo e Tobia nella chiesa parrocchiale di Sant’Onofrio; il San
Martino vescovo (1808) nell’omonima chiesa parrocchiale di Soriano Calabro;
il San Rocco (1785 c.) nella chiesa parrocchiale di Stellitànone; il Sant’Atenogene
vescovo e martire (1801) nella chiesa parrocchiale di Tritanti. Dopo aver
compito queste e chissà quante altre opere minori l’esistenza terrena del
Santaro di Garopoli si chiuse il 21 gennaio 1812 nello stesso sperduto
villaggio della baronia di Caridà dove era andato ad abitare trentanove anni
prima.
Sostengo la candidatura di Tropea Capitale della cultura 2021 con questo ed altri articoli!
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