BROGNATURO (VV) E LE BOTTEGHE ARTIGIANE: LE PIPE D’AUTORE.




di Maria Lombardo


Siamo ancora nel cuore delle Serre Vibonesi  un tempo come oggi questa terra non smetterà di stupire. Ad ospitarci oggi è Brognaturo adagiato in una fitta e folta vegetazione  a 47 km da Vibo Valentia, il centro montano è famoso a livello internazionale per la radica, che permette la produzione di bellissime pipe d’autore.
Tuttavia la produzione delle pipe nelle Serre affonda le radici in una tradizione millenaria. Dai documenti reperiti ho potuto annotare che la nascita del centro  non è molto antica, ma sulla sua etimologia sono stati impiegati fiumi d’inchiostro.
A proposito dell’origine etimologica del nome, un’altra ipotesi “storica”, ma pur sempre di ipotesi si tratta, su “Brognaturo” è che questi è la derivazione dal vocabolo dialettale “Brogna”: una specie di corno in uso presso i pastori per richiamare il gregge. Ipotesi suffragata anche da alcune note storiche del vescovo Mons. Bruno Tedeschi da Serra San Bruno che descrive Brognaturo come un paese molto antico formato in origine da massari e mandriani.
Già casale della baronia di Santa Caterina, nel 1535, fu venduto col “jus redimendi” (diritto di riscatto) da Giovan Francesco Coclubet ultimo conte e primo marchese di Arena, a Giovan Battista Suriano di Monteleone  il quale, il 12 luglio del medesimo anno, lo restituiva al venditore, ma con gravi difficoltà. Egli infatti, lo aveva, nel frattempo, venduto per 500 ducati a Ferrante Carafa, Conte di Soriano e Duca di Nocera, che, a sua volta, sempre con il diritto di riscatto, lo aveva venduto a Giovan Battista Raveschieri.
Dal 1629 al 1641 fu dei Passarelli, da Catanzaro, indi dei Sersale, da Stilo, fino al 1660, quando passò a Paolo de Santis, che lo tenne fino al 1679, anno in cui ne fece donazione al Convento di S. Domenico di Soriano, nel cui dominio rimase fino all’eversione della feudalità ( 1806).Il terremoto del 1783 vi causò danni valutati a 30 mila ducati. Fu poi danneggiato dal terremoto del 1905.
Per l’ordinamento amministrativo francese del 1806 divenne un Luogo del Governo di Serra; la legge istitutiva dei Comuni, emanata dai Francesi nel 1811, lo riconobbe tale, incluso nel Circondario di Serra, allora istituito, nel dipartimento della Sagra. Nella chiesa Parrocchiale si conserva un gruppo marmoreo cinquecentesco dell’Annunciazione del carrarese G. B. Mazzolo.
Oggi Brognaturo è un piccolo centro di  circa 660 anime che vivono di artigianato come tutta la zona. Considerazioni simili sull’artigianato Serrese possono riguardare, sotto il profilo della rilevanza prettamente artigianale, quella di vimini e canne  (Comuni dell’Alto Mesima) e quella di vasi in terracotte per la conservazione e la cottura dei cibi (Sorianello e Gerocarne).
Impagliatori di sedie ed ombrelli (Stilo),conciapelle e bottai (Bivongi) completano un quadro che soddisfa i gusti sopraffini e le particolari aspettative degli amanti delle finezze del lavoro manuale, esaltate nelle fiere estive che ricordano i fasti del passato.
Le botteghe artigiane di Brognaturo sono adibite alla lavorazione delle pipe, che è una cultura antica e tradizionale mantenuta viva soprattutto ad opera dell’artista/artigiano Grenci, che realizza i suoi capolavori in radica di erica intagliata modellando opere molto apprezzate dagli estimatori di tutto il mondo.
Una tradizione che si tramanda di padre in figlio che con occhio clinico vanno alla ricerca di questa radica tra selve e dirupi. Tuttavia senza la “Dinastia” Grenci l’arte della pipa non avrebbe avuto dei trascorsi  così fruttuosi  e fasti.
Effettivamente la Calabria che è zona ricca di alberi non poteva non essere il posto giusto per far  proliferare una buona attività.Sono le pipe il fiore all’occhiello dell’artigianato locale. La maestria della famiglia Grenci, che opera da oltre quarant’anni, ha reso famosa quest’arte. Le pipe, realizzate con la migliore radice di erica arborea che nasce in questa zona, sono pronte dopo 8-11 anni di stagionatura.
Le venature del legno rivelano la preziosità degli esemplari creati, piccole sculture in miniatura che hanno un valore di mercato molto alto, e vengono vendute in tutto il mondo. La radica che altro non è che la radice di erica, un arbusto che cresce spontaneo sugli altipiani calabresi, che per via del bassissimo contenuto di tannini, che sono i principali responsabili del sapore aspro ed amaro che si percepisce fumando certe pipe, la radica calabrese è considerata la migliore al mondo per qualità.
Erano i cioccaioli che provvedevano a scavare, sulle alture delle Serre, su quelle dello Zomaro e in Aspromonte, la radica che consegnavano sistematicamente all’artigiano, il quale poi provvedeva a scegliere i pezzi più pregiati.
Dopo una breve sosta in una cantina scavata nello scoglio, la radica ancora bagnata veniva lavorata con la lama di una sega circolare ove le sapienti mani del maestro abbozzavano le forme e, scoprivano la parte corticale, che lasciava intravedere le venature.
Quindi si procedeva ad un’accurata selezione dei pezzi più nobili che venivano trasferiti in una caldaia di rame per la bollitura, che durava oltre ventiquattrore di fila.
Quando ormai la bollitura era terminata ed il tutto si era raffreddato gli abbozzi venivano alloggiati in degli scaffali per una lenta stagionatura che durava cinque anni e oltre.

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