FRAMMENTI DEL PASSATO: TORTORA CS FU L’ANTICA BLANDA.






di Maria Lombardo



Il territorio di Tortora, posto al confine tra Basilicata e Calabria, ha conservato importanti tracce delle varie civiltà succedutesi fin dal Paleolitico. La prima tappa in questo viaggio nei meandri della storia ha come primo obbiettivo la visita del Museo ubicato a Palazzo Casapesenna proprio nel centro storico di Tortora.
Proprio perchè ascoltando le varie discussioni e reperendo fonti, comprendo che il comprensorio possedeva una città Magno Greca quasi del tutto sconosciuta. Ma che è importante discuterne per dare lustro a questa terra di Calabria.
Il territorio tortorese è il primo comune della Calabria ad affacciarsi sul Mar Tirreno, tale territorio prevalentemente collinare è incluso in gran parte nel Parco Nazionale del Pollino.
Il comprensorio tortorese inoltre è diviso in tre realtà antropiche: il centro storico che conta circa 550 abitanti, le frazioni montane con circa 550 abitanti e la marina con circa 4900 abitanti. Attraverso l’esposizione museale di reperti è possibile apprezzare lo sviluppo storico di questo lembo di terra Calabrese.
Nella località Rosaneto è stato trovato un giacimento preistorico all’aperto risalente al Paleolitico Inferiore datato a circa centocinquantamila anni fa(1) uno dei più antichi siti preistorici italiani.
In questo sito sono stati rinvenuti un migliaio di pietre antiche silici felci che hanno permesso di studiare la città, tra i quali 140 choppers, 67 amigdale, ed alcuni hacheroux.
In seguito alle successive glaciazioni, scomparvero gli insediamenti all’aperto, a vantaggio degli abitanti in grotta proprio località Torre Nave fu abitata circa, 35 mila anni orsono.
Nella grotta della fiumarella sono riemerse ceramiche incise dell’età del bronzo dall’Eneolitico fino al Bronzo medio (2).
Ma è con il VI secolo A.C che le basse colline a ridosso della foce del Noce tornano ad essere nuovamente popolate dagli Enotri, popolazione indigena stanziata da secoli nella Calabria settentrionale e nella Basilicata.
Effettivamente così parlano gli storici:”gli scavi condotti sul colle tra il Noce e la Fiumarella hanno riportato alla luce un piccolo complesso forense, una piazza circondata da portici, botteghe e da un edificio basilicale, dotato di una fontana pubblica, di basi per statue onorarie e aperta, sul lato occidentale, su tre edifici templari tra loro ravvicinati “.
Nuclei di sepolture sono state riportate alla luce databili tra il 540 ed il 450 A.C ( esposte al Museo).
Le tombe fosse rettangolari contenente il defunto in posizione supina, corredato di oggetti che ne descrivevano il ruolo in società . Nella tombe più antiche oltre al vasellame tipico, nelle tombe femminili ( 2 in tutto) sono state rinvenute ricche parure in ambra anche’esse esposte.
Agli Enotri si sostituì apparentemente senza scontri bellici, il forte popolo italico dei Lucani, che nel comune di Tortora sul colle Palecastro ampliarono e fortificarono il centro abitativo di origine enotria di Blanda(3).
Splendidi vasi attici del periodo a figure nere e rosse di produzione locale vengono esposti nel nutrito museo della cittadina. Inoltre a San Brancato dalla necropoli proviene un documento epigrafico che potrebbe svelare molto sulla popolazione di Tortora.
Un cippo, infitto nel terreno iscritto su tre delle quattro facciate ma purtroppo frammentario e incompleto scritto nel greco di Sibari ( o per meglio dire un dialetto italico di non facile lettura).
Intorno al IV secolo a.c i Lucani erano i signori incontrastati del territorio che si estendeva fino alle rive del fiume Lao a sud dell’odierna Scalea.
Come riportato dallo storico romano Tito Livio Blanda fu espugnata nel 214 a.c (4) dal console romano Quintino Fabio Massimo, per essersi schierata con Annibale nella Seconda guerra punica, così canta Livio:”oppida vi capta Conpulteria, Telesia, Compsa inde, Fugifulae et Orbitanum ex Lucanis; Blanda et Apulorum Aecae oppugnatea”(5) Poco sappiamo sulle vicende di Blanda nel corso del III secolo, effettivamente dopo secoli di vita scarsamente documentata, ma alla fine del I secolo sul colle Palecastro, viene fondata la colonia romana di Blanda Julia in onore di Gaio Giulio Cesare.
Proprio dagli scavi del Palecastro hanno riportato in superfice la piazza del foro ed un tempio dedicato a Giove- Giunone e Minerva. Dopo un terremoto che distrusse la città intorno al 70 a.c, i Romani ricostruirono l’abitato, edificandovi un foro con e collegando le abitazioni con strade ortogonali, riportate alla luce dai recenti scavi archeologici.
Si istituì anche un duunvirato. Tuttavia un personaggio molto noto risultò essere il duonviro Marco Arrio Clymeno al quale fu dedicata una statua nel foro. Probabilmente egli possedeva una fabbrica di laterizi che costruiva edifici pubblici, nel 1969 viene rinvenuta una pietra oggi nella sala consiliare recante il marchio M. ARRI. Blanda non fu comunque una grande città, edificata su appena 5 ettari di terreno, non fu un centro di popolamento, bensì un centro amministrativo e giudiziario che controllava un territorio abbastanza vasto e con annesso litorale(6).
Divenuta sede vescovile, la nuova città disponeva di una grande chiesa, sita nella zona di San Bracato, a pianta centrale con ingresso ad ovest e tre ABSIDI, circondata da sepolture, sorta tra il VIe il VII SECOLO.
Nel 592 Blanda subì un’incursione longobarda, e la sede episcopale dovette essere ripristinata dal vescovo Felice di Agropoli , su preciso mandato di papa Gregorio Magno. Nel 601 fu vescovo di Blanda un certo Romano, come ne attesta la sua presenza al Sinodo Romano.
Nel 649, anno in cui si svolse il Sinodo Romano, continuò ad essere sede vescovile, come dimostra la presenza del suo vescovo Pasquale. Nell’VIII SECOLO Blanda passò in mano ai Longobardi.
La chiesa continuò ad essere frequentata fino al XII SECOLO. Il nuovo abitato di Blanda fu invece abbandonato intorno al X secolo, quando la popolazione si raccolse intorno al Castello delle Tortore, roccaforte longobarda, dando origine all’abitato detto, in onore dell’antica città, Julitta, oggi Tortora (7).
Un importante documento di piena epoca imperiale, è il frammento di sarcofago esposto al Museo, appartenuto ad una Cominia Damianete come ricorda l’iscrizione scolpita in marmo, morta in giovane età nel III secolo D. C. Dalle fonti ecclesiastiche sappiamo che Blanda divenne precocemente sede vescovile già dal V secolo e rimase tale fino al 749.
Un importante riscontro archeologico a queste notizie è documentato nella chiesa protobizantina rinvenuta nel 1999. La chiesa documenta il continuo abbandono delle aree costiere, esposte alle scorrerie turchesche, ed il ritiro dei nuclei nell’interno.
Tale processo culminerà con la nascita dell’abitato Normanno di Tortora su uno sperone roccioso a causa delle continue scorrerie saracene.
(1) Gioacchino Francesco La Torre, Emanuele Greco, Blanda Laos Cerillae, Paestum, Pandemos e Fondazione Paestum 1999, p.79. G. Del Re, Almanacco della Basilicata per l’anno 1824, pag. 128
(2) Fabrizio Mollo, Archeologia per Tortora frammenti dal passato, Potenza, S.T.E.S Zafarone e Di Bello M 2001.
(3) Ivi …. opera citata
(4) Archeologia per Tortora Frammenti del passato URL consultato il 14-05-2008
(5) Tito Livio Ad urbe condita libri, libro XXIV, 20,5
(6) G.F. La Torre e A. Colicelli, Nella Terra degli Enotri: Atti del convegno di Studi Tortora 18-19 aprile 1998, Pandemos 2000.
(7) G.F. La Torre e F. Mollo, Blanda Julia sul Palécastro di Tortora – Scavi e ricerche (1990-2005), Di.Sc.A.M. 2006

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