L'ABATE SACCHINELLI DALLA CALABRIA A NAPOLI COL CARDINALE RUFFO.
DI MARIA LOMBARDO
Il mio giusto peregrinare nella storia calabrese mi porta a conoscere fatti e personaggi che è doveroso condividere col popolo degli appassionati di storia.
A carpire la mia attenzione è la storia della famiglia Sacchinelli di Pizzoni borgo del Monteleonese oggi Vibo Valentia.
Scopro che tra la fine del 1700 e la prima metà dell'800 a far parlare le cronache locali e nazionali fu Vincenzo Sacchinelli.
E’ il 18 aprile dell’anno 1766 quando a Pizzoni nasce Domenico Vincenzo Sacchinelli;
il padre Francesco e la madre Serafina Conciatore è gente comune come tanta altra di quei tempi, gente dedita alla coltivazione dei campi.
Volontà dei genitori è che il piccolo fosse destinato alla vita monacale ma dotato di spirito vivace e anche un po’ discolo lo dimostra allorquando chierichetto, si ribella alle autorità religiose del luogo, non condividendo i metodi rigidi degli insegnanti e dell’educazione che contemplava spesso anche punizioni corporali.
Senza dubbio i rigidi insegnamenti degli educatori erano condivisi dai parenti, il giovane Sacchinelli ben presto abbandona la vita di chierichetto e scappa di casa.
La sua fuga non si estense lontano dalla sua Monteleone, si trovò a Catanzaro a fare lo scrivano presso la “Cassa Sacra” fondata dal Re Ferdinando IV per la ricostruzione del dopo terremoto del 1783.
E' chiaro che il carattere del Sacchinelli era forgiato dai metodi rigidi dei suoi vecchi educatori e quindi trovò la sua dimensione nel suo attaccamento al lavoro,fu presto preso nella giusta considerazione dal suo diretto superiore, Carlo Pedalini, che lo volle con se quando si trasferì a Monteleone.
Il ritorno a Monteleone gli permise di concludere i suoi studi ecclesiastici.
Divenne sacerdote nel 1794 ma la sua vita cambiò completamente nel 1799 quando incontrò il Cardinale Ruffo : da parroco della diocesi di Mileto diventa fautore e sostenitore della Monarchia Borbonica, partecipando alla spedizione per la conquista del Regno di Napoli.
La vita da curato di paese certo non riuscì ad allettare del tutto l'abate, il quale al primo evento pro-Borbone lasciò la sua curia e si catapultò in un mondo che a dir il vero lo affascinava molto, e così si mise al seguito, anzi al fianco del porporato di Casa Ruffo, Fabrizio, che giunto a Monteleone lo prese tra i suoi.
Divenne segretario del Cardinale Ruffo e come tale lo seguì in tutte le sue vicende politiche, militari ed ecclesiastiche.
L'Abate sicuramente non era un dotto, la scrittura non era la sua miglior arma ma la verità si!
Descrisse tutto degli avvenimenti legati all'impresa della Santa Fede.
Dopo la morte del cardinale, l’abate Sacchinelli si dedicò completamente a raccogliere tutti gli elementi necessari per scagionare il suo protettore dall’accusa di essere stato il maggiore responsabile dei saccheggi e dei massacri durante la conquista del Regno di Napoli.
Per tale motivo scrisse il libro “Memorie Storiche della vita del cardinale Fabrizio Ruffo”.
In tutto questo peregrinare egli fece poche apparizioni a Pizzoni. Si racconta che dopo la conquista del Regno tornò in Calabria dove fu accolto come un eroe e che per modestia rifiutò la nomina a Vescovo.
Morì a Monteleone, oggi Vibo Valentia il 6 luglio 1844.
Scopro che tra la fine del 1700 e la prima metà dell'800 a far parlare le cronache locali e nazionali fu Vincenzo Sacchinelli.
E’ il 18 aprile dell’anno 1766 quando a Pizzoni nasce Domenico Vincenzo Sacchinelli;
il padre Francesco e la madre Serafina Conciatore è gente comune come tanta altra di quei tempi, gente dedita alla coltivazione dei campi.
Volontà dei genitori è che il piccolo fosse destinato alla vita monacale ma dotato di spirito vivace e anche un po’ discolo lo dimostra allorquando chierichetto, si ribella alle autorità religiose del luogo, non condividendo i metodi rigidi degli insegnanti e dell’educazione che contemplava spesso anche punizioni corporali.
Senza dubbio i rigidi insegnamenti degli educatori erano condivisi dai parenti, il giovane Sacchinelli ben presto abbandona la vita di chierichetto e scappa di casa.
La sua fuga non si estense lontano dalla sua Monteleone, si trovò a Catanzaro a fare lo scrivano presso la “Cassa Sacra” fondata dal Re Ferdinando IV per la ricostruzione del dopo terremoto del 1783.
E' chiaro che il carattere del Sacchinelli era forgiato dai metodi rigidi dei suoi vecchi educatori e quindi trovò la sua dimensione nel suo attaccamento al lavoro,fu presto preso nella giusta considerazione dal suo diretto superiore, Carlo Pedalini, che lo volle con se quando si trasferì a Monteleone.
Il ritorno a Monteleone gli permise di concludere i suoi studi ecclesiastici.
Divenne sacerdote nel 1794 ma la sua vita cambiò completamente nel 1799 quando incontrò il Cardinale Ruffo : da parroco della diocesi di Mileto diventa fautore e sostenitore della Monarchia Borbonica, partecipando alla spedizione per la conquista del Regno di Napoli.
La vita da curato di paese certo non riuscì ad allettare del tutto l'abate, il quale al primo evento pro-Borbone lasciò la sua curia e si catapultò in un mondo che a dir il vero lo affascinava molto, e così si mise al seguito, anzi al fianco del porporato di Casa Ruffo, Fabrizio, che giunto a Monteleone lo prese tra i suoi.
Divenne segretario del Cardinale Ruffo e come tale lo seguì in tutte le sue vicende politiche, militari ed ecclesiastiche.
L'Abate sicuramente non era un dotto, la scrittura non era la sua miglior arma ma la verità si!
Descrisse tutto degli avvenimenti legati all'impresa della Santa Fede.
Dopo la morte del cardinale, l’abate Sacchinelli si dedicò completamente a raccogliere tutti gli elementi necessari per scagionare il suo protettore dall’accusa di essere stato il maggiore responsabile dei saccheggi e dei massacri durante la conquista del Regno di Napoli.
Per tale motivo scrisse il libro “Memorie Storiche della vita del cardinale Fabrizio Ruffo”.
In tutto questo peregrinare egli fece poche apparizioni a Pizzoni. Si racconta che dopo la conquista del Regno tornò in Calabria dove fu accolto come un eroe e che per modestia rifiutò la nomina a Vescovo.
Morì a Monteleone, oggi Vibo Valentia il 6 luglio 1844.
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