Esempio tangibile di palazzo nobiliare a Vibo Valentia, Palazzo Romei

di Maria Lombardo
 Le storie dei palazzi nobiliari mi hanno sempre affascinata e pensare quali segreti e quali storie d’altri tempi possano raccontare ha acceso quella mia sete di sapere sulla storia della città di Vibo Valentia. Viviamo la Calabria  questa settimana ha pensato di indirizzarmi sulla storia del suggestivo Palazzo Romei. Non è la prima volta che entro negli stanzoni carichi di sapere storico del palazzo poiché dal 2005 è stato ceduto dalla famiglia Romei alla provincia di Vibo Valentia, che ha avviato dei lavori per poter collocare all’interno del palazzo la sede dell’Archivio di Stato provinciale. La mia passione per la ricerca storica mi vede quasi quotidianamente in questo luogo. Tutto qui parla della famiglia Romei persino il largo dove è ubicato, porta il nome di G.B Romei. Palazzo del 1400 ma ultimato per varie vicessitudini nel 1500 su un progetto dell’Alberti. Sulla storia del prestigioso palazzo esistono una mole di buchi storici, a tal proposito la prima notizia utile parte dal 1613 quando il palazzotto passa in dote ad Elisabetta sposa di Antonio Sacchi. Fu invece nel 1726 che il palazzo tornò ai Romei con delle nozze strategiche tra Giovanni Romei e Teresa Sacchi, attraverso donazioni di terreni il bel palazzo venne ampliato con una chiesa. Il lotto di terreno, di circa 3.000 m2, ha la forma di parallelogramma, ed è disposto su tre livelli. Il palazzo si articola anch’esso su tre livelli per compensare le differenze di quota sul prospetto. La torre era a cinque livelli, di cui uno, la grotta, totalmente interrato. Al primo piano dimoravano i servitori e gli armigeri, le stalle invece erano di fronte il palazzo. Le casette laterali, ormai quasi diroccate, erano riservate ai dipendenti. Il palazzo è stato realizzato con accorpamenti di moduli di m 6 x 6 circa, per complessivi 800 m2 circa di copertura a piano. Elementi distintivi e di completamento erano, sul lato sinistro, una chiesa privata dedicata a S. Oronzo (costruita tra la fine del 1600 e l’inizio del 1700) e sul lato destro, una torre. Le maestranze Muntalanisi ( Monteleone) oggi Vibo Valentia avevano utilizzato tutti materiali del luogo e dei dintorni per gli archi i conci di tufo di Tropea, granito giallo di Serra San Bruno, che rivestivano le scale il pozzo ed il portale d’ingresso. Il ferro battuto poi rappresentava il principale elemento lo possiamo trovare alla vasca dove abbeveravano i cavalli. Sormontato da una struttura in ferro battuto per il sostegno della carrucola. Sulla volta dell’atrio è dipinto uno stemma quadripartito raffigurante un leone, due mazze, un albero e un’aquila. Lo stemma è affiancato da motivi araldici. Le rampe di scale, grandiose e monumentali, sono state realizzate in modo da poter accedere comodamente a cavallo al primo e al secondo piano del giardino. Di una bellezza particolare sono i balconi con ringhiera in ferro battuto a “pancia”, realizzati con aste volutiformi ed applicazioni floreali ai lati. Le soglie, in granito, sono sostenute da mensoloni volutiformi dello stesso materiale».PALAZZO ROMEI. II palazzo, ubicato in via F. Cordopatri, venne costruito alla fine del 1400 da Giovanni Andrea Romei su progetto di L. B. Alberti. Nel 1603 il palazzo venne dato in dote ad Elisabetta, nipote di Giovanni Andrea, che sposò il barone Antonio Sacchi. Fu, in seguito, al matrimonio, avvenuto nel 1728, tra Giovanni Battista Romei e Teresa Sacchi, che il palazzo tornò in possesso della famiglia Romei. L’edificio ha la forma di un parallelogramma, posto su tre livelli. Il piano terra era adibito ad abitazione per gli armigeri e le stalle dei cavalli che si trovavano lateralmente. Il palazzo, di 1540 mq., era completato, sul lato sinistro, da una chiesa privata dedicata a S. Oronzo, chiesa che in origine era più alta del palazzo stesso. Sul lato destro, un giardino pensile bilanciava il particolarissimo prospetto del palazzo. Lo splendido atrio venne realizzato con materiale del luogo, conci di tufo di Tropea per gli archi e granito giallo di Serra per le scale, il pozzo, il portale. Il pozzo con annessa fontanella per la raccolta dell’acqua, è sormontato da una struttura in ferro tubolare che serviva per reggere il secchio. Il portale presenta nel lunotto superiore un motivo di volute e rosoni in ferro battuto. Su una delle ante del portone (che ora giace a terra), è intagliata la data 1798. Sulla volta dell’atrio è dipinto lo stemma a scudo quadripartito, raffigurante un leone, due mazze, un albero e un’aquila. Lo stemma è affiancato da due leoni incoronati ed è incorniciato da motivi araldici. Le rampe di scale, grandiose e monumentali, vennero realizzate in modo che si potesse accedere al secondo e al terzo livello del giardino comodamente a cavallo. Un passaggio segreto, attualmente crollato, nella parte iniziale, lo collegava, attraverso un ampio salone ad armeria, al castello Normanno. Di una bellezza particolare sono i balconcini con ringhiera in ferro battuto a “pancia”, realizzati con listelli volutiformi e applicazioni floreali, ai lati, come il balcone centrale che è sorretto da tre mensole a volute di cui, quella centrale, più grande. Sotto il tetto a capriate un fregio o gocciolatoio in triplice ordine scalare serve (oltre che elemento decorativo) per isolare il muro dai gocciolamenti dell’acqua piovana e nello stesso tempo funge da ammortizzatore statico. Durante il corso degli anni il palazzo non ha subito grosse modifiche. Il terremoto del 1783 ha provocato il crollo del tetto della cappella e gravi danni alla parte sinistra del palazzo. Tali danni furono riparati e le parti crollate, ricostruite. I successivi terremoti hanno provocato il crollo definitivo della chiesa, particolarmente vulnerabile per la sua eccessiva altezza e di due campate dell’edificio che in parte sono state ricostruite circa cinquant’anni fa. Il palazzo fu acquistato anni addietro dall’amministrazione provinciale di Vibo Valentia che lo voleva adibire a sede dell’Archivio di Stato. Purtroppo come spesso accade nella nostra città tutto è caduto nel dimenticatoio e oggi il palazzo , versa in un pessimo stato di conservazione con la vegetazione che ricopre una parte della facciata e gli interni che sono interessati da crolli, distacchi,lesioni, muffa e umidità.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le paste Gioiosane un dolce tipico di Gioiosa Jonica: venite a gustarle in Calabria!

Polpettone di Melanzane, tanto buono e super facile da preparare

La festa di Sant'Andrea a Parghelia (VV) tra tradizione e folklore.