I BRONZI DI RIACE: ESEMPIO DI ARTE MAGNO GRECA.



DI MARIA LOMBARDO



Animata da spirito combattivo e schierata a favore del no ai Bronzi all’Expo, mi appresto ad onorare la mia Calabria parlando dei “gioielli” per antonomasia: I Bronzi di Riace. E’ la mattina del 16 agosto 1972 quando un giovane sub si immerge nelle acque di Riace, un comune sullo Jonio.
Mariottini turista in Calabria a circa 200 m dalla costa scopre l’inestimabile tesoro che diverrà il simbolo della Calabria.
Lo studio del fondale permise così il recupero di altri reperti e la ricostruzione della dinamica del veliero che affondò in quelle acque disperdendo il carico.
Sono giorni di fibrillazione per la Regione Calabria, le due statue bronzee raffiguranti due guerrieri risultano essere di fattura autentica greca o siciliota.
La notizia della pesca miracolosa fa il giro del mondo a tal proposito pubblico per intero il protocollo del verbale:”È pubblicata la denuncia ufficiale depositata il 17 agosto 1972 con Protocollo N. 2232, presso la Soprintendenza alle antichità della Calabria a Reggio, in cui Stefano Mariottini “… dichiara di aver trovato il giorno 16 c.m. durante una immersione subacquea a scopo di pesca, in località Riace, Km 130 circa sulla SS Nazionale ionica, alla distanza di circa 300 metri dal litorale ed alla profondità di 10 metri circa, un gruppo di statue, presumibilmente di bronzo.
Le due emergenti rappresentano delle figure maschili nude, l’una adagiata sul dorso, con viso ricoperto di barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con gamba sopravanzante rispetto all’altra.
L’altra risulta coricata su di un fianco con una gamba ripiegata e presenta sul braccio sinistro uno scudo.
Le statue sono di colore bruno scuro salvo alcune parti più chiare, si conservano perfettamente, modellato pulito, privo di incrostazioni evidenti.
Le dimensioni sono all’incirca di 180 cm.” Concluse dopo anni le attività di pulizia e rifinitura nel quale si è potuto appurare che i due guerrieri erano intorno al V secolo già esposti probabilmente in madre Patria o Magna Grecia, hanno potuto far comprendere dopo radiografie mirate che effettivamente il bronzo B possiede sia il braccio che lo scudo forgiati con un bronzo di età postuma.
Si aprì così una vexata questio finesse a trovare la paternità ai due adoni di bronzo.
Ciò ha portato a ipotizzare che la statua A potesse essere opera di Fidia o della sua cerchia, realizzata intorno al 460 a.c e che la statua B fosse da collegare a Policleto, nella torsione del busto e nella posizione di riposo della gamba sinistra, realizzata perciò alcuni decenni dopo, verso il 430 a.c
Nella ricerca degli autori, sono stati fatti anche i nomi d’altri famosi bronzisti dell’antichità, fra i quali Pitagora da Reggio, attivo dal 490 al 44o a.c, autore di molte statue ricordate in Grecia e Magna Grecia, che fu capace per primo di rappresentare minutamente sia i capelli che altri particolari anatomici, come ad esempio le vene.
Inoltre per quanto concerne l’identità dei due Bronzi ci troviamo di fronte a eroi o divinità poiché per forgiarle venne utilizzato un materiale pregevole.
Uno scavo stratigrafico del 1973 e prospezioni nel 1981 permisero di recuperare pochissimi reperti e di proporre questa ricostruzione del naufragio: la nave, spinta da una tempesta a riva, aveva perso la velatura e gli anelli erano colati a picco con altri elementi pesanti come i Bronzi, presumibilmente non legati ad alcuna struttura; le parti leggere si erano disperse e lo scafo, gettato sulla spiaggia, si era progressivamente disgregato.
E’ stato anche supposto che non vi sia stato un vero e proprio naufragio ma un alleggerimento del carico, in un momento di pericolo, proprio buttando in mare le statue.
I guerrieri di pregevole fattura raffigurano due uomini in diverse movenze e posizioni.
Il Bronzo A appare più vitale e forse nervoso, quello B appare calmo e disteso quello A rappresenta il giovane quello B il vecchio.
La possente muscolatura è resa con forte vigore plastico, ma in modo più geometrico e statico nel Bronzo A, più analitico e dinamico in B.
Fra i particolari anatomici riprodotti nei Bronzi con particolare cura, si segnalano le vene subcutanee, particolarmente apprezzabili nelle mani e nei piedi.
Interessante è la resa dei capezzoli, lavorati a parte ed applicati tramite battitura a martello, di un colore rosa non perché in rame ma in una lega a tenore di stagno molto basso.
Originariamente erano ancorate alla loro base grazie ad una colatura di piombo fuso fatto fluire, sfruttando il principio dei vasi comunicanti, sia entro i piedi sia nell’incavo predisposto nella base stessa.
Una volta solidificato, il piombo ha assunto la forma di tenoni, che i restauratori hanno asportato per penetrare all’interno della statua.
I Bronzi rappresentano due uomini completamente nudi ed armati di scudo -imbracciato con la sinistra-, lancia -tenuta con la destra-, ed elmo, forse smontati al momento dell’imbarco per permettere di adagiare sulla schiena le statue e facilitarne il trasporto.
La lancia era in verticale e probabilmente poggiata a terra nella statua A, inclinata e sospesa in aria nella statua B, dove il solco di appoggio per l’asta interessa non solo l’avambraccio ma anche la spalla.
Occorre ricordare che il braccio destro e l’avambraccio sinistro della statua B non sono originali ma frutto di un restauro antico risalente all’età romana. La statua A è caratterizzata da una folta barba e capelli ricci tenuti da una fascia, evidentemente il Bronzo era privo di elmo.
Bocca e labbra fatte di rame ed i denti di argento, gli occhi hanno ciglia in lamina bronzea e cornee in avorio mentre le iridi, non conservate, erano presumibilmente di pasta vitrea o di una pietra preziosa.
La statua B invece ha una testa deformata e liscia vi era perciò un elmo corinzio. La bocca ha anch’essa labbra in rame; si conserva solo l’occhio destro con la cornea in marmo bianco, l’iride formata da un anello biancastro ed uno rosato concentrici e la pupilla nera.

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